Papa Francesco: le vittime nutrono la speranza “che l’ingiustizia che attraversa questo mondo” non abbia “l’ultima parola”

Nel discorso di Papa Francesco contro la tratta e i modi per combattere questi crimini, c’è stato anche spazio per esaminare cosa significhi “fare giustizia”, tema strettamente legato anche alla misericordia. Prima di tutto, bisogna comminare pene che siano per la rieducazione dei responsabili e cercare il loro reinserimento nella società. Se questo vale per loro, “tanto più – afferma – vale per le vittime” che sono passive e non attive nell’esercizio della loro libertà, “essendo cadute nella trappola dei nuovi cacciatori di schiavi”: “Vittime molte volte tradite nella parte più intima e sacra della persona, cioè nell’amore che essere aspirano a dare e a ricevere, e che le loro famiglie devono loro o che viene loro promesso da pretendenti o mariti, e che invece finiscono vendute sul mercato del lavoro forzato, della prostituzione o della vendita di organi”.

Le vittime, dunque, devono essere reintegrate nella società e si deve perseguire una lotta serrata ai trafficanti: “Non vale il vecchio adagio: ‘Sono cose che esistono da che mondo è mondo’. Le vittime possono cambiare e di fatto sappiamo che cambiano vita con l’aiuto di buoni giudici, delle persone che le assistono e di tutta la società”. La vittima deve trovare, poi, il coraggio di parlare “del suo essere vittima come di un passato che ha superato coraggiosamente”: ora è una persona con una dignità recuperata. “Voi siete chiamati a dare speranza”, è stato l’invito del Papa ai giudici. Le vittime, infatti, nutrono la speranza “che l’ingiustizia che attraversa questo mondo” non abbia “l’ultima parola”.

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