Rifugiati: mons. Perego (Migrantes), “l’Italia impegnata non solo nel salvataggio, ma anche nell’accoglienza”

“Dal 1990 al 2015, in 25 anni, l’Italia ha accolto oltre mezzo milione di domande d’asilo, riconoscendo un diritto fondamentale. La Giornata mondiale del rifugiato del 2016 trova l’Italia impegnata non solo nel salvataggio nel Mare Mediterraneo di migranti in fuga, ma anche nell’accoglienza e nella protezione internazionale di circa 120mila persone nella diverse strutture, di cui circa 25mila nelle strutture ecclesiali”: lo ricorda monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato che si celebra lunedì 20 giugno. La Fondazione Migrantes segnala e rilancia sei proposte e impegni: innanzitutto, “riuscire a dare una risposta più competente e più celere alle persone che fanno domanda di protezione internazionale”. Rimane, poi, “necessario aprire la possibilità di un permesso di soggiorno umanitario anche per i numerosi diniegati (stimati nei prossimi mesi in 40mila), per evitare la situazione di irregolarità per molte persone, soprattutto al Sud, che genererebbe sfruttamento, non tutela della dignità della persona e insicurezza”. Inoltre, occorre “arrivare ad avere un sistema unico e diffuso di accoglienza in Italia, che risponda a medesimi standard, procedure e sia sottoposto a puntuali controlli e verifiche rispetto ai servizi che deve erogare e rispetto alla trasparenza nella gestione dei fondi”.
Rispetto ai minori stranieri non accompagnati “bisogna davvero riuscire a superare la prima accoglienza in centri collettivi spesso inadeguati (oserei dire piccoli orfanatrofi) e arrivare a forme diversificate di accoglienza che prevedano non solo accoglienze in centri piccoli, ma anche affidamenti familiari o appartamenti in semi-autonomia”. Serve pure “l’impegno a riconoscere il diritto di rimanere nella propria terra, non a parole ma nei fatti attraverso programmi di cooperazione internazionale che favoriscano lo sviluppo dei popoli più poveri”. Infine, è necessario “segnalare all’Europa con preoccupazione gli esiti delle politiche di gestione di questi flussi migratori: gli hotspot, la relocation e i rimpatri sono misure di controllo delle frontiere, che stanno operando una vera e propria selezione di nazionalità ammesse nell’Unione (Siria…), lasciando migliaia di persone escluse dall’ingresso bloccate senza altra prospettiva che quella di rivolgersi ai trafficanti”.

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