Monsignor Galantino: un decalogo di valori come “anticorpi” per il “tessuto malato della società”

Sono i valori gli “anticorpi” su cui “bisogna investire per aiutare l’uomo postmoderno – e quindi ognuno di noi – ad uscire dal fatalismo nel quale sembriamo troppo spesso rifugiarci. Ne è convinto monsignor Nunzio Galantino, segretario della Cei, intervenuto oggi a Roma al convegno “Università 2020”, promosso dall’Aidu (Associazione italiana docenti universitari). “Il recupero di questi valori – ha spiegato Galantino – passa attraverso il rifiuto del modello di uomo a una dimensione e il recupero di una concezione integrale dell’uomo, alla quale siamo stati richiamati esplicitamente da Papa Giovanni Paolo II, da Papa Benedetto XVI e ultimamente, a Firenze, dallo stesso Papa Francesco”. Il segretario della Cei ha proposto una sorta di decalogo per un’antropologia integrale, fatto di “una serie di valori per lo più minoritari, svalutati, censurati e dimenticati intorno ai quali, però, l’uomo contemporaneo deve imparare a ritrovarsi”: “La preservazione della memoria del passato, la salvaguardia della pro-tensione verso il futuro, la difesa della cultura, fatta anche di norme e di regole, di miti e di riti, di credenze e di ideologie; la cura dell’orizzonte terrestre”. “La coscienza dell’invisibile”, ha sottolineato Galantino proseguendo nell’elenco, che “significa, molto laicamente, la coscienza dell’esistenza di cose che ci sono anche se non si vedono: i simboli e i valori, i ricordi e le promesse, i dubbi e le certezze, l’esperienza spirituale e la fede che la riempie di contenuti”. C’è poi “il senso del limite: il senso della finitudine dell’uomo, dei confini dell’umano”, perché “solo chi conosce l’arte dei limiti impara a superarli”. E ancora: “La coscienza della pluralità e della relatività dei nostri modelli di comportamento, quelpoliteismo dei valori sui quali non bisognerebbe stancarsi mai di richiare l’attenzione”. Tra le virtù, Galantino ha citato “la virtù dell’umiltà e l’arma dell’ironia per reagire alla ybris, alla stupidità che sempre insidia l’agire umano”. Sul versante della comunicazione, il vescovo ha sostenuto la necessità del “rifiuto di privilegiare un unico linguaggio”, per “costruire sempre nuovi modi di dire il mondo e di dire le idee e i sentimenti dell’uomo”. Infine, “l’impegno politico per debellare l’ingiustizia e l’oppressione: una lotta che va condotta con grande sapienza ermeneutica per colpire l’una l’altra anche quando vestono panni di qualsiasi colore politico”. Quali “note dominanti nel rapporto con gli altri esseri umani”, Galantino ha citato la solidarietà e l’affettività: il tutto, “accompagnato da passione e intransigenza nelle battaglie – non solo intellettuali – che riteniamo giuste: ma insieme, disponibilità al ripensamento, all’autocritica. Sono questi gli anticorpi che mi paiono degni di essere inoculati nel tessuto un po’ malato della nostra società”.

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