Salute: mons. Lorefice (Palermo), “chiunque si inchina di fronte all’altro è buon samaritano”

“Questo ritrovarci è segno visibile e loquace per la nostra Chiesa: abbiamo bisogno di passi che ci conducano a una cultura nuova, sensibile, che sappia prendersi cura degli ultimi, che riconosca la sofferenza e se ne faccia carico, che si faccia testimonianza di incontro e di pace. Riunire quanti si adoperano a vario titolo nel campo della salute e affrontare il tema della fragilità da un punto di vista interculturale e interreligioso è per la Chiesa e per il mondo un segno di speranza”. Lo ha detto monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, intervenendo al XVIII Convegno nazionale dei direttori degli Uffici diocesani, delle associazioni e degli operatori di pastorale della salute in corso nel capoluogo siciliano. Riferendosi al tema del convenire, “Per una cultura dell’incontro e della pace: immigrazione, dialogo interreligioso e salute”, monsignor Lorefice ha evidenziato che “noi cristiani siamo chiamati a essere segno, perché nella nostra vita abbiamo conosciuto Cristo Buon Samaritano, sulla via da Gerusalemme a Gerico: Lui non si dimenticherà mai di noi, ci prenderà sulle spalle e ci condurrà alla locanda eterna”. “Proprio nella pagina del Buon Samaritano – ha continuato l’arcivescovo -, in un contesto interreligioso come quello che sempre più anche noi viviamo, chiunque si inchina di fronte all’altro è buon samaritano. Nella malattia e nella sofferenza gli uomini hanno bisogno di incontrare volti capaci di coinvolgersi ed esprimere vicinanza e coinvolgimento; i cristiani siano portatori questo segno di grande cultura: noi ci siamo con questi occhi e questo cuore aperto. In chi soffre e porta il segno della sofferenza e della finitudine della vita umana, c’è il desiderio dell’incontro”. In chiusura l’augurio ai convegnisti: “Vi lascio un elemento di ordine geografico: tra Gerusalemme e Gerico c’è un dislivello fisico che rappresenta esattamente quel tragitto che lo stesso che Dio ha percorso, abbassandosi, facendosi come noi perché anche noi diventiamo come Lui”.

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