Giustizia: Sergi (Regina Coeli), “bisogna coniugare sicurezza e riabilitazione”

“È nostro dovere attivare quei processi previsti dalla legge perché l’uomo del delitto diventi il cittadino del futuro. Se il tempo della pena fosse solo buio, la nostra azione non servirebbe a nulla”. Così ha affermato oggi Silvana Sergi, direttrice della casa circondariale Regina Coeli di Roma, durante il convegno dal titolo “Funzione della pena, giustizia riparativa e amministrazione del sistema carcerario”, organizzato dagli studenti del corso di Giurisprudenza dell’Università Europea di Roma. Come intervenire su chi ha commesso reati? “Bisogna coniugare sicurezza e riabilitazione – ha risposto la direttrice del carcere romano -. Se non c’è un percorso di comprensione, infatti, non c’è nemmeno sicurezza per la società. Nel carcere si cerca di offrire il lavoro, l’affettivita, l’istruzione e la religione. L’istituto è aperto a tutti i culti, visto che i detenuti stranieri sono il 60% ed è importante non estraniarli dai riti che vogliono osservare come il Ramadam”.”Il sistema articolato di responsabilizzazione del detenuto – ha aggiunto – parte dalla preparazione di un progetto di vita e percorrerlo è senz’altro una corsa a ostacoli. La rieducazione non è un astratto percorso, bensì una crescente consapevolezza del danno individuale e sociale del proprio comportamento, che non ha solo prodotto una violazione della norma penale, ma ha offeso la vittima e la stessa comunità”. “Solo comprendendo ciò – ha concluso – il sistema penitenziario si trasforma da contenitore senza spazio e senza tempo, in una preziosa risorsa che, con la pluralità di figure professionali e la ricchezza di contributi del volontariato e della comunità esterna, ricompone il cammino di una società, interrotto da avvenimenti di violenza e di dolore”.

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