Il Ruanda è un Paese ad alto livello di povertà dove la cura del cancro stenta a progredire, ma “tutti i bambini del mondo devono avere la stessa opportunità di accesso ai trattamenti”, dice Tanya M. Trippett, oncologa al Memorial Sloan Kettering Cancer di New York, che nel paese africano ha creato una fondazione-ospedale dedicata alla cura dei minori malati di cancro. Intervenuta alla conferenza internazionale sulla medicina rigenerativa in corso in Vaticano, l’oncologa spiega che in Ruanda sono pochi gli strumenti per la diagnostica in immagini: “due o tre in tutto il paese”. Scarse le possibilità di sottoporre i piccoli a chemioterapia: “Spesso una donna deve camminare anche per due settimane con il figlioletto malato per raggiungere gli ospedali: di fatto gli ostacoli logistici impediscono le cure, anche se non mancano i pediatri oncologi”. Una vera “sfida” che richiede, secondo l’esperta, “la necessità di estendere la nostra conoscenza e le nostre risorse ad altri paesi”, e “accordi con le aziende affinché forniscano attrezzature e tecnologie”. Tutto questo “sempre nell’attenzione e nel rispetto per le culture locali”. Raphael F. Rousseau, responsabile Gruppo medico dell’azienda farmaceutica Roche, sottolinea l’importanza di “capire come includere questi bambini all’interni dei trial clinici. Non è accettabile iniziare un trial se non c’è la prospettiva di rendere disponibile gratuitamente un farmaco”. Parola chiave, collaborazione e partnership “tra colleghi dei diversi paesi per avviare anche in Africa trial clinici sottoposti alle stesse norme rigorose vigenti nel mondo occidentale” e “proteggere i bambini attraverso la ricerca e dalla ricerca”. L’obiettivo è “innalzare gli standard di cura e i tassi di sopravvivenza, garantire che i farmaci vengano utilizzati in maniera appropriata e non rubati, cercare di avere follow up su questi pazienti”. Molte aziende, assicura, “stanno mostrando più coinvolgimento”.