“Per parlare della famiglia e alle famiglie, il problema non è, come ha detto Papa Francesco, quello di ‘cambiare la dottrina’, ma quello di inculturare i principi generali, perché ‘ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato’. Affinché questo avvenga, dobbiamo sempre essere consapevoli del linguaggio delle persone”. Parte da qui padre Diego Fares, del Collegio degli scrittori de “La Civiltà Cattolica”, per analizzare sull’ultimo numero del quindicinale dei gesuiti il rinnovamento del linguaggio ecclesiale a partire dalla “Amoris Laetitia” di Papa Francesco. Secondo il gesuita, “il Papa dà forma alla sua Esortazione apostolica” con “un linguaggio familiare”. “Innanzitutto – osserva – egli cerca il ‘tono’ adeguato, tratto dalle Sacre Scritture; poi ‘mette i piedi per terra’, osservando la situazione attuale delle famiglie e ricordando gli elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa, senza entrare troppo nel merito di questioni teoriche”. Raccontando un episodio accadutogli recentemente, padre Fares sottolinea come “l’obiettivo di una ‘inculturazione pastorale’” è “fare in modo che quanto dice la Chiesa sia ‘qualcosa che un marito possa portare a casa per parlarne con la moglie al ritorno dal lavoro’”. A tal proposito, il gesuita invita a “riflettere sulla conversione del linguaggio della Chiesa, prendendo come punto di riferimento il modo di parlare alla famiglia e sulla famiglia”. “Prima di ‘imporre’ un linguaggio astratto alle famiglie – prosegue – si deve ascoltare e imparare il loro modo di parlare e di dialogare, che si pone a un livello più alto, quello della comunicazione interpersonale, per riflettere su come in ogni linguaggio, anche quello teologico, la questione dei soggetti che parlano e ascoltano sia centrale”. “Non si tratta solo del ‘tema di cui si parla’ – nota padre Fares – ma anche di ‘coloro che parlano’”.