“Il linguaggio familiare è espressione di una fiducia fondamentale, in cui la persona amata – coniuge, figli, genitori – mi capisce o mi capirà, perché non cerco altro se non il suo bene”. È quanto afferma padre Diego Fares, del Collegio degli scrittori de “La Civiltà Cattolica”, in una riflessione pubblicata sull’ultimo numero del quindicinale e dedicata al linguaggio ecclesiale in riferimento alla “Amoris Laetitia”. “Il linguaggio che parliamo nella nostra famiglia – prosegue – è il linguaggio che ci ha permesso di ‘parlare’ gli altri linguaggi che si parlano nella società”. Anche per questo “la famiglia non è un ‘soggetto qualsiasi’ come altri ‘soggetti comunitari’”, osserva padre Fares, per il quale “la famiglia è precisamente l’ambito in cui la soggettività individuale si apre a un’altra, ed entrambe a una nuova”. Secondo il gesuita, “il nostro linguaggio deve incoraggiare e confortare ogni passo di ogni famiglia reale, affinché essa senta che qualitativamente l’amore che i suoi membri si vogliono è in se stesso fonte di benedizione per l’umanità e per la Chiesa”. Rispetto alla “inculturazione”, per padre Fares sono necessari: “un passo indietro, per rispettare le persone”, “un passo collaterale” per “accompagnare e andare a cercare le famiglie disorientate” e un “passo avanti” che “consiste, innanzitutto, nel ringraziamento” per le famiglie. Per il gesuita, questi passi si sintetizzano nel “discernimento” che “Papa Francesco non è soltanto il ‘risultato’, ma soprattutto il percorso – il metodo – che porta a un risultato sempre aperto”. “Il discernimento – prosegue – consiste nello scegliere ciò che più piace al Signore nella vita concreta di ogni persona”. Secondo il gesuita, tra diritto e pastorale “il punto d’incontro è l’amore per la verità” e “il linguaggio della misericordia incarna la verità nella vita di ogni persona e di ogni famiglia”. È la verità che “si fa carne e cammina con noi, dando vita alle famiglie reali”, conclude Fares.