Periferie: Olivero (Sermig), “bisogna uscire come comunità” per “dare testimonianza di Chiesa”

“Alle periferie credo sia importante andarci insieme, andarci come comunità. Bisogna uscire come comunità, ed essere capaci di fare comunità per dare testimonianza di Chiesa. Soli si viene schiacciati dalla complessità del quotidiano, insieme si può essere segno di contraddizione, si può vivere e far vivere esperienze concrete di amore e misericordia”. Lo ha detto oggi pomeriggio Ernesto Olivero, fonatore del Sermig (Servizio missionario giovani), intervenendo al 2° corso “Campi aperti: giovani ed impegno sociale”, promosso ad Ostuni
dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei. “Con persone e comunità rinnovate ogni chiesa, ogni parrocchia può tornare a tenere la porta aperta: ‘Non c’è bisogno di bussare: è aperto!’. C’è posto, è qui la misericordia che cercate. È qui il senso di tutto”, ha osservato. Dunque, “la Chiesa può tornare ad uscire incontro all’umanità ferita di oggi, ad essere Chiesa che si china, che ascolta, che comprende, che non esclude nessuno, che cerca, che cura. Anche una Chiesa che indica con fermezza i no e i sì da dire, consapevole che attraverso un no detto senza frustrazione è possibile scoprire doni immensi. Una Chiesa che sia sempre ponte lanciato verso una misericordia più grande: qualunque errore, qualunque limite, qualunque dubbio possono trovare una chiave di misericordia”. Per Olivero, “quando riusciremo di nuovo a fare nostro questo stile di vita che è di Gesù, entreremo nella trascendenza e accoglieremo pienamente la chiamata ad essere buona notizia per tutte le persone: peccatori, uomini e donne lontane dalla fede, con sofferenze indicibili”. Oggi, ha ammesso il fondatore del Sermig, “per tanti la Chiesa non è più segno di misericordia; è anzi sinonimo di severità, di noia, di divieti. Sarebbe bello invece che la gente la vedesse con le braccia aperte, come Gesù l’ha pensata”.

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