Monsignor Galantino: “rispetto e dolcezza”, “no all’arroganza dei giudizi”. Accoglienza migranti abbia “il sapore della restituzione”

“Non sono certe sensibilità a dire il modo di essere Chiesa”, lo è “la scuola di Cristo, di Cristo che incontra l’adultera, accetta le lacrime di Pietro e lo abbraccia”, una Chiesa che “rende ragione della propria fede con rispetto e dolcezza rinunciando a farsi giudici degli altri, smettendo l’arroganza dei giudizi e delle parole pesanti come pietre”. Ne è convinto monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei. Intervenuto questa sera alla tavola rotonda “La Chiesa italiana davanti alla sfida della realtà”, monsignor Galantino precisa che questo “non è un segno di debolezza come si sente dire soprattutto in questi ultimi tempi”, e non ha bisogno di “interpretazioni che toglierebbero il sangue dalle vene della Chiesa”. “È la realtà complessa che oggi la interpella, a suggerire alla Chiesa risposte sempre nuove e non sempre comprese e accolte, soprattutto se si tratta di scelte non politicamente corrette come la visita del Papa a Lesbo che insieme a tantissima approvazione ha scatenato anche quelle osservazioni che vengono fatte in overdose di banalità, come quando si dice che l’accoglienza favorisce l’immigrazione dimenticando che la prima causa del fenomeno migratorio da una parte sono le guerre – e chi sa chi le ha provocate? – e dall’altra il vero fattore è la povertà”. “Mi chiedo – prosegue il segretario generale Cei – chi ha impoverito e continua a impoverire queste zone. Una Chiesa che voglia essere coscienza critica deve avere il coraggio di invitare la nostra Europa ad assumersi le sue responsabilità. L’accoglienza da parte nostra in questo momento ha tutto, deve avere, tutto il sapore della restituzione”.

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