Cardinale Bagnasco: a Stati generali esecuzione penale, giustizia non è “codificazione desideri e pulsioni dei singoli”

“Senza giustizia è impossibile perseguire il bene comune”, ma se “giustizia” è “dare a ciascuno il suo”, riconoscere a ciascuno il suo “non può significare la codificazione di desideri, pulsioni, preferenze, gusti dei singoli soggetti individuali o associati”. Il monito è del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, intervenuto questa sera nel carcere romano di Rebibbia agli Stati generali dell’esecuzione penale. Giustizia, per il porporato, è “il riconoscimento di ciò che compete ad ogni soggetto in quanto tale, nelle istanze di fondo comuni agli altri, istanze che, pur essendo comuni perché ineriscono alla natura o verità delle cose – persone, famiglie, associazioni… – non omologano tutto e tutti, ma sono in grado di tradursi con discernimento e equità”. Parlando di verità della persona, ha osservato, “ci troviamo sul piano dell’etica, cioè dei principi e dei valori senza dei quali non si può né legiferare né vivere insieme. Infatti, ogni azione è sempre frutto di un giudizio di valore, piccolo o grande che sia: noi viviamo giudicando e non può essere diversamente”. Dal presidente della Cei l’invito, di fronte alla cronaca “che spesso semina ombre sui nostri giorni”, a reagire alla tentazione di “perdere la fiducia”. “Non possiamo chiudere gli occhi sul buio, dall’altra non possiamo chiuderli sulla luce” . E la luce è “la vita che brulica, il bene nascosto, l’onestà a tutta prova, il gusto di andare a testa alta non per alterigia ma per onestà nel lavoro, nella famiglia, nel sentirsi parte di una storia, di una fede, di una cultura, di un popolo con gioia, senza alterigia e senza complessi”.

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