Monsignor Galantino: sul “Sole 24 Ore”, “conosco la libertà rifiutata a favore di una schiavitù che fa perdere tutto”

C’è “Una libertà rifiutata da chi resta vittima di dipendenze di vario segno; una libertà resa più bella quando è vissuta in un contesto di reciproca e sincera donazione; infine, una libertà che va cercata e difesa con grande fatica, in un mondo e all’ interno di dinamiche che tendono a schiacciarla”, così monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, sulle pagine odierne del “Sole 24 Ore”, racconta l’esperienza della libertà a partire da “due incontri e da una lettura”. La lettura è quella evangelica di Giovanni (21, 1-19), che, spiega mons. Galantino, “riporta un intenso e, per certi versi, imbarazzante dialogo tra Gesù e Pietro. Le domande che con affettuosa ossessione Gesù gli rivolge mostrano il bisogno che anche lui avverte di ricevere amicizia autentica”. “Ho rivisto nelle insistenti domande di Gesù – commenta il segretario generale – l’esigenza che ognuno di noi ha, soprattutto in alcuni momenti della propria vita, di vedere confermato l’ affetto delle persone più care, di sentirsi rafforzato da questo affetto in un contesto di grande libertà. Quando a questa esigenza non si trovano risposte o si trovano risposte inconsistenti, si sviluppano tremendi buchi esistenziali e silenzi imbarazzanti pur in mezzo a un mondo così affollato e iperconnesso”. Ed è proprio tra le esperienze “che spesso riempiono questi silenzi” che, avverte mons. Galantino, “ci sono le varie forme di dipendenza”. “Ho conosciuto e continuo a conoscere da vicino vite di giovani e famiglie devastate dalle diverse forme di dipendenza – scrive il vescovo -. Conosco la difficoltà di questi problemi sin da quando ero nella mia parrocchia di periferia, a Cerignola. Conosco la libertà rifiutata a vantaggio di una schiavitù che fa perdere tutto. Davvero tutto”. Per mons. Galantino è necessario porre attenzione a quella “visione distorta dell’economia”, dalla quale “Papa Francesco non cessa di metterci in guardia” e che genera “i ‘buchi postmoderni delle esistenze'”.

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