Aborto: D’Agostino (Ugci), obiezione di coscienza è “sfida sul piano dell’etica pubblica a favore della vita”

L’obiezione di coscienza costituisce una “sfida sul piano dell’etica pubblica”. Nel caso dell’aborto, “il vero obiettivo di un obiettore” non è “ottenere un’esenzione personale da un obbligo legale”, ma “dare una testimonianza fondamentale a favore della vita”, sostiene Francesco D’Agostino, professore ordinario di Filosofia del diritto e di Teoria generale del diritto presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata, e presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani (Ugci). Commentando la critica di ieri del Comitato dei diritti sociali del Consiglio d’Europa all’Italia per una presunta difficoltà di abortire nel Paese, D’Agostino osserva che sotto questo profilo “l’altissimo numero dei medici obiettori” possiede “una valenza rivelativa”. Per il giurista, il problema sollevato ieri è anzitutto di natura etica, “anzi etico-sociale”. “Se credo che quella prenatale sia autentica vita umana e non possa essere uccisa da pratiche abortive, ma vada sempre e comunque salvaguardata – spiega -, non posso non auspicare che le mie scelte etiche individuali possiedano anche e soprattutto un valore pubblico”. Con il suo portato di testimonianza “l’obiezione è chiamata a suscitare processi di imitazione da parte di altre persone, che, al limite, potrebbero sfociare nel superamento universale di pratiche che l’obiettore ritiene che debbano essere assolutamente riconosciute da tutti come inaccettabili”. Per quanto riguarda la legge 194, fa notare, nel momento stesso in cui lo Stato riconosce l’obiezione di coscienza a tutto il personale medico e sanitario che dovrebbe prestare la sua assistenza all’aborto volontario, “riconosce implicitamente” che essa “non possiede un fondamento etico-sociale assoluto, ma relativo, come dimostra il fatto che ove tutti i medici divenissero obiettori la pratica dell’aborto volontario medicalizzato si rivelerebbe impraticabile”. Di qui “l’eticità dell’obiezione di coscienza” e “il suo carattere di sfida sul piano dell’etica pubblica, di denuncia dell’immoralità delle pratiche cui l’obiettore decide di sottrarsi, del tentativo di orientare diversamente la legislazione del paese”. “Cerchiamo di alzare il tono del dibattito”, l’invito di D’Agostino, perché la posta in gioco “non è quella del diritto dei medici ad obiettare o quella delle donne ad abortire, ma è quella di non banalizzare l’aborto stesso, riducendolo a un intervento sanitario come un altro”. La legalizzazione dell’aborto, conclude, “è la più grande lacerazione etico-sociale del nostro tempo, inferiore soltanto, probabilmente, ai genocidi novecenteschi: gli obiettori di coscienza ci aiutano a non dimenticarlo”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Chiesa

Informativa sulla Privacy