Corruzione: p. Costa (Aggiornamenti Sociali), necessaria “l’attivazione di processi di ri-generazione”

“È essenziale continuare a scandalizzarsi, indignarsi e combattere la corruzione direttamente, ma è altrettanto importante non considerarla solo come una questione di tangenti, mazzette e legami con la criminalità organizzata (che si estende al Nord come al Sud)”. È quanto scrive padre Giacomo Costa, nel suo editoriale di aprile pubblicato dalla rivista dei gesuiti, “Aggiornamenti sociali”, e dedicato al tema della corruzione. “Il rischio – prosegue padre Costa – è circoscriverla e tenerla separata da altri elementi della cultura del nostro Paese, finendo per adottare misure di contrasto e di educazione alla legalità indispensabili, ma che da sole si rivelano troppo limitate per incidere sulle radici del fenomeno”. Per il gesuita, la corruzione “intacca i legami sociali, la fiducia e il capitale sociale, le relazioni e le dinamiche democratiche, anziché generarli e farli crescere”. Per questo “è bene non smarrire la contiguità tra gli atti di corruzione che finiscono sui giornali o in tribunale e tanti piccoli comportamenti quotidiani frutto della stessa logica”, anche perché “la corruzione realizza una mercificazione indebita di qualcosa che dovrebbe essere sottratto allo scambio mercantile”. “Se la corruzione è de-generazione – afferma il direttore di Aggiornamenti Sociali – la risposta richiede l’attivazione di processi di ri-generazione del corpo sociale, promovendo una concezione della legalità che non si limiti ai sintomi e una educazione al rispetto delle regole che integri dimensioni che spontaneamente non sono associate alla questione della corruzione”. “Si tratta di un compito che spetta non agli apparati di repressione dei reati – prosegue – ma alle agenzie educative (informali e formali) e a tutti gli ambiti in cui si realizzano esperienze di partecipazione e di cittadinanza attiva”. Per padre Costa, “la gratuità è un modo per affermare che esistono valori non traducibili in prezzi, di sperimentarli e farli sperimentare ad altri”. “In fin dei conti – conclude – nessuno può comprare quello che un altro ha deciso di non voler mettere in vendita”.

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