Ebrei: 500 anni del Ghetto di Venezia. Gattegna, “testimonianza di un amore per la vita più forte di qualsiasi avversità”

Il 29 marzo 1516, sotto il dogado di Leonardo Loredan, il Senato veneziano decreta che tutti “li giudei debbano abitar unidi” in una zona recintata e sorvegliata della città: nasceva il primo ghetto ebraico della storia. Nel 2016, il Ghetto di Venezia compie cinquecento anni e per l’occasione la Comunità ebraica di Venezia e il Comitato per “I 500 anni del Ghetto di Veneziano” promuovono una serie di iniziative. Gli appuntamenti principali messi in calendario (sul sito www.veniceghetto500.org) sono stati presentati questa mattina a Roma nel corso di una conferenza stampa dove hanno preso parte anche Luca Zaia, presidente Regione Veneto, e Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia. Tra i progetti più importanti spicca la mostra “Venezia, gli Ebrei e l’Europa. 1516-2016” in programma a Palazzo ducale dal 19 giugno al 13 novembre. Presentata dalla curatrice Donatella Calabi, la mostra intende dare conto della storia del Ghetto di Venezia, della sua crescita, della sua architettura, della società dei mestieri, della vita materiale e delle relazioni tra la minoranza ebraica e l’intera città. In programma ci sono anche il concerto inaugurale al Teatro La Fenice il 29 marzo e il restauro, l’ampliamento e il rinnovamento del Museo ebraico di Venezia. I visitatori che si recheranno quest’anno nella città lagunare potranno ricevere una cartina con i luoghi ebraici più importanti da conoscere.

“Gli ebrei non hanno nostalgia del ghetto e questa cosa va affermata con molta chiarezza”, ha detto il presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna. “Perché il ghetto rappresenta la sopraffazione, il disprezzo e la segregazione. Questo è sempre stato e questo rimane”. Quindi – ha aggiunto Gattegna – “noi non festeggiamo niente perché l’istituzione di un ghetto non si festeggia. È e rimane una tragedia però vogliamo ricordare e ci sono forti motivi per farlo perché gli ebrei veneziani dalla abiezione e dall’isolamento sono usciti non umiliati e non sconfitti”. Commemorare “serve oggi a ricordare la forza e la vitalità degli ebrei che hanno saputo adattarsi ad una circostanza molto complessa e superare traumi e ostacoli. È la testimonianza di un’altissima tradizione intellettuale culturale e religiosa ma è soprattutto una testimonianza di amore per la vita che è più forte qualsiasi avversità”. Paolo Gnignati, presidente Comunità ebraica di Venezia, ha detto: “Come ebrei, abbiamo voluto onorare il passato di chi ha rifiutato di uniformarsi, di chi ha mantenuto la sua identità ed ha saputo essere minoranza.  Un messaggio ancora valido in un’Europa sempre più costituita di minoranze. Gli ebrei italiani sentono l’impegno di dare questo messaggio positivo di impegno civile. Un impegno che sentiamo di donare come cittadini italiani anche per le nuove minoranze che arrivano in Italia”.

 

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