Costa d’Avorio: attacco a resort. Un missionario, tra i musulmani nessun rischio di emulazione

“Dell’attacco abbiamo saputo dai media, ma la situazione continua ad essere tranquilla, non ci sono tensioni particolari nella comunità musulmana per via dell’azione dei jihadisti”. Alain Derbier, sacerdote francese della Società delle Missioni Africane, è parroco a Ouaninou, nel nord Ovest della Costa d’Avorio, nei pressi del confine guineano. Qui l’Islam è la religione maggioritaria, ma il religioso non teme che l’azione di Al Qaeda nel Maghreb Islamico a Grand Bassam possa scatenare un effetto di emulazione. “La questione potrebbe essere diversa ai confini con il Burkina Faso e il Mali, ma qui non si sentono questi discorsi e chi arriva dall’estero o da altre parti della Costa d’Avorio non ha paura”, racconta. “Nei nostri confronti non c’è ostilità, semmai indifferenza – spiega ancora il missionario -. Chiunque non venga da questa regione è considerato uno straniero, ma si vive comunque gli uni al fianco degli altri”. Le divisioni che esistono, semmai, sono un’eredità della stagione delle guerre civili, conclusa nel 2011, ma secondo padre Derbier neanche da questo punto di vista esistono rischi imminenti di violenze. “Non credo che la popolazione farà un collegamento tra il terrorismo e i problemi politici interni – dice -, nessuno per ora ha cercato di approfittare dell’accaduto”.

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