Parchi culturali ecclesiali: mons. Lusek (Cei), possono anche “contribuire a sviluppo economico e sociale territorio”

Un’area “legata non solo al territorio geografico, ma anche alla cultura, alle tradizioni, agli stili di vita, alle esperienze religiose come risposta alla necessità di tutela, di valorizzazione nella sua specifica peculiarità storica, culturale, ambientale, economica, spirituale”. Questo, ha spiegato oggi monsignor Mario Lusek, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale del turismo, tempo libero e sport della Cei, è il “parco ecclesiale culturale”, un sistema che se profondamente radicato in un territorio, “diventa capace di mettere in relazione comunità parrocchiali, monasteri, santuari, aggregazioni laicali, come le Confraternite, ricche di tradizioni “ e “custodi di opere e segni nati dalla fede del nostro popolo”. Un tessuto connettivo “in grado di valorizzare spazi aggregativi e ricettivi; feste patronali; antiche vie di pellegrinaggio; iniziative culturali come catechesi attraverso l’arte, mostre, convegni, rassegne, festival; “tradizioni radicate nella cultura e nella religiosità popolare” entrando in rapporto con “istituzioni, reti ecologico-ambientali, sistemi turistici locali”. Il “parco” costituisce un’opportunità “per le realtà più piccole” ed offre inoltre “la possibilità di contribuire allo sviluppo economico e sociale sostenibile del territorio attraverso la generazione di un’economia di indotto ma anche offrendo concrete opportunità di lavoro ai giovani”. Di qui l’invito di monsignor Lusek a “servirsi, dove è già strutturato, del Progetto Policoro” che “ha già generato cooperative di gestione dei beni culturali della Chiesa”.

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