Funerali don Ceriotti: mons. Stucchi (Milano), “ha saputo comprendere le vicende umane in campi inesplorati e con forme da inventare”

“Don Francesco ha dovuto e saputo vedere molto, sia per la lunga vita e il lungo ministero, sia perché per questo servizio alla Chiesa è stato impegnato a vedere e a far vedere tante immagini nei film e con altri e nuovi strumenti di comunicazione”. Lo ha affermato monsignor Luigi Stucchi, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Milano, presiedendo a Samarate (Va) i funerali di monsignor Francesco Ceriotti, storico direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, deceduto sabato scorso all’età di 95 anni. “Ora don Francesco gioisce nel vedere il Signore. Ma anche noi possiamo contribuire a farlo contento, stando con lui e facendo anche noi un esercizio molto praticato e vissuto da lui: l’esercizio di contemplare Gesù, il suo volto”, ha aggiunto mons. Stucchi nell’omelia, nella quale ha ricordato di mons. Ceriotti “il suo essere pensoso, attento, in cerca di significato”. “Quante cose, quanti volti ha visto, quanto è stato chiamato a interpretare, a svelare, a comunicare”, ha osservato il vescovo, evidenziando che “soprattutto ha saputo e voluto contemplare Gesù, come un bambino che si incanta con lo sguardo sorpreso, come un innamorato appassionato e discreto, come un anziano indebolito che si abbandona con fiducia sapendo di essere accolto”. Stucchi ha sottolineato anche “la disponibilità e serenità, perfino la signorilità” di mons. Ceriotti, che “ha saputo comprendere, accogliere e interpretare le vicende umane in tutto l’arco delle sue grandezze ma anche delle amare sconfitte e tragiche esperienze”. “Ha compreso miserie e grandezze dell’uomo”, ha proseguito, rimarcando come “con molto garbo e acutezza trattava tutto ciò che accadeva, senza moralismi pesanti e senza smarrire significati. Senza imporsi, ma conducendo l’interlocutore nella sostanza delle vicende, ridando volto e voce all’umano”. Lo ha fatto “in campi inesplorati e con forme da inventare”, “ha donato se stesso”, dimostrandosi “sempre un segno credibile dell’amore del Signore”.

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