“Le opere proprie non sono soltanto un mezzo per assicurare la sostenibilità del proprio istituto, ma appartengono alla fecondità del carisma. Questo comporta chiedersi se le nostre opere manifestano o no il carisma che abbiamo professato, se rispondono o no alla missione che ci è stata affidata dalla Chiesa. Il criterio principale di valutazione delle opere non è la loro redditività, ma se corrispondono al carisma e alla missione che l’istituto è chiamato a compiere”. Così scrive Papa Francesco nel messaggio inviato ai partecipanti al secondo Simposio internazionale sull’economia (Roma, 25-27 novembre), dal tema “Nella fedeltà al carisma ripensare l’economia degli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica”, promosso dal Dicastero vaticano per la Vita consacrata, cui partecipano mille economi di istituti religiosi. “Essere fedeli al carisma – sottolinea il Pontefice – richiede spesso un atto di coraggio: non si tratta di vendere tutto o di dismettere tutte le opere, ma di fare un serio discernimento, tenendo lo sguardo ben rivolto a Cristo, le orecchie attente alla sua Parola e alla voce dei poveri. In questo modo le nostre opere possono, al tempo stesso, essere feconde per il cammino dell’istituto ed esprimere la predilezione di Dio per i poveri”. Un “serio discernimento”, ad avviso di Papa Francesco, “potrà suggerire di mantenere in vita un’opera che produce perdite – stando bene attenti a che queste non siano generate da incapacità o da imperizia – ma ridà dignità a persone vittime dello scarto, deboli e fragili”, “di ripensare un’opera, che forse è diventata troppo grande e complessa, ma possiamo allora trovare forme di collaborazione con altri istituti o forse trasformare l’opera stessa in modo che questa continui, seppure con altre modalità, come opera della Chiesa”. Da qui l’importanza della “comunicazione e collaborazione all’interno degli istituti, con gli altri istituti e con la Chiesa locale”. “Occorre far crescere la comunione tra i diversi istituti; e anche conoscere bene gli strumenti legislativi, giuridici ed economici che permettono oggi di fare rete, di individuare nuove risposte, di mettere insieme le forze, le professionalità e le capacità degli istituti a servizio del Regno e dell’umanità. E’ molto importante – ricorda il Papa – anche dialogare con la Chiesa locale, affinché, per quanto possibile, i beni ecclesiastici rimangano beni della Chiesa”. Un discernimento che, ribadisce Francesco, “si pone controcorrente perché si serve del denaro e non serve il denaro per nessun motivo, neppure quello più giusto e santo. In questo caso sarebbe sterco del diavolo, come dicevano i santi Padri”.