Monsignor Galantino: su “La Porta aperta” (Avvenire), “quanto manca ancora a nostro mondo perché sia riconosciuto e accolto principio solidarietà”

“È maturata nelle nostre comunità cristiane una mentalità più aperta e inclusiva, non solo pronta ad accogliere, ma capace di mettersi in cerca, desiderosa di condividere i doni più che di accampare prerogative personali? Il baricentro delle nostre parrocchie e associazioni si è spostato verso i laici, in modo che divengano sempre più partecipi, e verso l’esterno, dove Cristo ci attende negli ultimi e in chi non lo conosce?”. Se lo chiede monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, sul mensile “La Porta aperta”, la pubblicazione di “Avvenire” che accompagna il Giubileo, in edicola domani, 13 novembre, insieme al quotidiano. Per i presule, “i Consigli pastorali parrocchiali e diocesani possono verificare il cammino compiuto in quest’anno su questi punti e approntare percorsi per proseguirlo e migliorarlo”.

“Quanto manca ancora al nostro mondo perché sia riconosciuto e accolto il principio fondamentale della solidarietà, che la Dottrina sociale della Chiesa addita da sempre come necessario complemento della giustizia, e che è indispensabile per costruire un tessuto civile equo e vivibile!”, evidenzia il segretario generale della Cei. Fino ad allora “cadrà nel vuoto il monito di Papa Francesco che, declinando tutto l’Anno Santo all’insegna della misericordia, l’ha indicata come unica via di salvezza per i singoli e per la società”. Sul piano civile, poi, “significa trovare il tempo per frenare la corsa che ci fa procedere freneticamente verso una meta non chiara né condivisa, e avere il coraggio del confronto e dell’autentica condivisione di ideali e obiettivi, in un dialogo sincero basato sulla ricerca disinteressata del bene comune”. Di qui l’invito: “Conserviamo e coltiviamo in noi questo sogno, come si esprime Francesco per indicare lo slancio che lo anima e ne motiva i gesti e le parole. Vorremmo diventare tutti più capaci di sognare, e di sognare cose grandi; ciò farà di noi degli operatori di pace, meno centrati sui nostri problemi personali e seminatori di bene. Il bene non lo si impone, né si può pretendere di stabilirlo una volta per tutte ma, appunto, lo si semina e lo si coltiva con pazienza, con la fiducia che ogni gesto di misericordia, anche piccolo, che avremo immesso nel mondo, non mancherà presto o tardi di portare il suo frutto”.

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