Plenaria Ccee: mons. Pizzaballa, andare oltre l’assistenza per i cristiani di Terra Santa

“Le Chiese europee sono vicine” ai cristiani di Terra Santa ma quello che la Chiesa cattolica del Medio Oriente chiede alle Chiese d’Europa è “passare dalla fase dell’aiuto economico e assistenziale ad un atteggiamento più maturo” perché “è vero che siamo pochi e siamo piccoli ma siamo espressione di una tradizione molto antica che è necessaria alla Chiesa”. Lo ha detto monsignor Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme che questo pomeriggio a Monte Carlo prenderà la parola quando ai vescovi riuniti in Assemblea plenaria saranno presentati i risultati di un questionario sull’impegno delle Conferenze episcopali per la Terra Santa. “In Giordania per esempio – dice Pizzaballa – su una popolazione di 6 milioni di abitanti, 2,5 milioni sono profughi, tra cui molti cristiani e tutte le attività che la Chiesa gestisce soprattutto nell’ambito della educazione, riesce a farlo innanzitutto grazie alle Conferenze episcopali europee”. Ma è tempo di “andare oltre all’assistenza” perché le Chiese del Medio Oriente hanno qualcosa di importante da dire alle Chiese d’Europa.

“Le Chiese europee – spiega mons. Pizzaballa – affrontano sfide nuove che noi conosciamo da sempre come per esempio la presenza di altre fedi, il significato di essere minoranza non forse rispetto all’islam ma rispetto ad una società secolarizzata. Tutto questo noi lo conosciamo ed è quindi forse arrivato il momento di cercare di avere un confronto su temi comuni che può essere un arricchimento”. “Il Papa – ha poi aggiunto l’ammnistratore apostolico – è preoccupato per la situazione. Ha più volte parlato di una terza guerra mondiale a pezzi però non ha una visione catastrofica, neanche sulla presenza cristiana nelle nostre terre. È cosciente che stiamo vivendo un passaggio epocale, non una crisi ma un cambiamento irreversibile che investe tutto il mondo cristiano. Dall’Europa all’America Latina. Quello che lui chiede è di non fare i profeti di sventura, di guardare indietro ma guardare avanti con speranza perché cambiamento non significa la fine”.

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