Indagine: giovani e lavoro, tra attese e sfiducia. Presentata a Roma indagine della Fondazione Paoletti

Molto informati e critici sulle politiche del lavoro, ma altrettanto sfiduciati nei confronti delle istituzioni; intenzionati a raggiungere una competenza specializzata e personalizzata e consapevoli dell’importanza delle reti relazionali come punto di riferimento anche nella progettualità lavorativa, con al primo posto la famiglia. Sono queste le caratteristiche principali del profilo emerso dall’indagine “I giovani e il lavoro, prospettive e ricerca di senso” condotto su un campione di mille ragazzi italiani tra i 18 e i 34 anni a cui è stato chiesto di rispondere a 6 quesiti sul loro rapporto con il lavoro, con la politica, con il desiderio di autorealizzazione e con il senso di vita collegati al proprio futuro professionale. La ricerca, presentata oggi all’Università La Sapienza di Roma, è stata condotta dalla Fondazione Patrizio Paoletti, ente nazionale di ricerca riconosciuto dal Miur (ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca). Il dato più rilevante, anche se non nuovo, è la sfiducia nelle istituzioni: l’86% dei giovani intervistati, infatti, si dice “per niente” o “poco soddisfatto” di come le istituzioni rispondono alla questione dell’occupazione giovanile. In particolare, le donne tra i 18 e i 26 anni mostrano maggiore sfiducia, con una tendenza a non evidenziare cambiamenti effettivi derivati dalla governance politica. Il lavoro non è percepito esclusivamente come un mezzo per mantenersi, ma per molti giovani è l’espressione dello scopo della propria vita. Il 45,7% di essi, infatti, considera il lavoro “un modo per esprimere le proprie capacità”, una percentuale di poco inferiore (33,9%) lo vede come “una scelta che si collega al senso e allo scopo della mia vita”, mentre la minoranza (9,7%) considera “non importante dare un senso al proprio lavoro”.

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