Cremazione: mons. Viviani (“Vita Trentina”), “i cristiani non privatizzano il momento della morte e del funerale”

“La nostra cultura e formazione cristiana ci hanno educato in questi secoli a quello che avveniva già prima di Cristo, come ci testimoniano le pagine e le preghiere dell’Antico Testamento: seppellire i morti nella terra, in un sepolcro. Soprattutto dopo la morte e sepoltura di Cristo abbiamo imparato, a differenza di altre culture, ad avere rispetto per i nostri morti, per le loro tombe e i loro sepolcri”. È quanto scrive monsignor Giulio Viviani, già cerimoniere pontificio, nell’editoriale pubblicato sull’ultimo numero di “Vita Trentina”, il settimanale della diocesi di Trento. Per Viviani, “nei prossimi giorni ci ritroveremo in molti tra le tombe dei nostri defunti. Può essere l’occasione propizia per pensare un po’ a cosa sta accadendo alla nostra cultura, al nostro modo di vivere, proprio in relazione al culto dei morti”. Richiamando il recente documento “Ad resurgendun cum Christo” della Congregazione per la Dottrina della fede, Viviani osserva che “anche da noi, va sempre più aumentando, per diversi motivi anche pratici, il numero di coloro che scelgono la cremazione per sé o per i propri cari”. “La Chiesa – prosegue – non è contraria alle ceneri, all’incenerimento dei cadaveri, soprattutto oggi, quando questo avviene per motivi igienici o per motivi di spazio. Ma nei funerali e nell’inumazione nella terra del corpo della persona umana, guarda alla sua interezza di corpo e anima”. “Quel corpo non è semplicemente un cadavere da gettare, da buttare, da dimenticare”, aggiunge Viviani, secondo cui “ancor di più quelle ceneri, quella tomba, quel corpo hanno bisogno della nostra memoria e del nostro ricordo”. “Infatti, la tomba al cimitero, luogo della memoria e della preghiera, consente a tutti di ricordare quel morto e di pregare per lui. Per i defunti non basta il nostro ricordo; non basta solo la nostra preghiera, ma è necessaria, è bella anche quella degli altri e della comunità”. Per mons. Viviani, quelli che in questi giorni nei cimiteri “possono sembrare incontri superficiali” in realtà nascondono “la volontà di sentirci famiglia tra di noi vivi e famiglia con quelli che sono vivi ormai in un altro modo”. “Noi cristiani vogliamo continuare a rispettare la loro memoria; non vogliamo privatizzare quel fatto che al giorno d’oggi è ancora una delle esperienze più belle di socialità e di fraternità. Il momento del funerale, il momento della morte, che ci vede andare ancora insieme in quelle case, in quelle chiese, su quelle strade, in quel cimitero dove accompagniamo tanti fratelli e sorelle per l’ultimo tratto di un cammino”.

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