Unesco: mons. Spreafico (Cei), “preoccupante che venga adottata una simile risoluzione” su Palestina e Gerusalemme

“Ebrei, cristiani e musulmani hanno oggi la responsabilità di condividere i luoghi santi di Gerusalemme, perché siano portatori di pace per il mondo intero. Se Gerusalemme resta ‘città della pace’, rendiamola tale con l’incontro e il dialogo, al di là delle pur legittime rivendicazioni di ognuno”. Lo afferma monsignor Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei, in una nota riguardante la recente risoluzione della Commissione dell’Unesco “Programm and External Relations” sulla “tutela del patrimonio culturale della Palestina e il carattere distintivo di Gerusalemme Est”. Un provvedimento – scrive Spreafico – che “ha suscitato molte giuste prese di distanza e opposizioni”. “Il testo – prosegue – nomina un luogo cruciale di Gerusalemme, per gli ebrei e per i musulmani, ma solo con il nome arabo Haram el Sharif (il Nobile santuario) eliminando quello usato dagli ebrei, Har ha- Bayit (‘Monte del tempio’) o Har Ha-miqdash (‘Monte del Santo’)”. “Molti pellegrini cristiani – aggiunge Spreafico – conoscono questi luoghi che visitano con grande rispetto. Si possono ammirare le antiche mura del tempio erodiano, vedere tanti ebrei, pregare davanti al ‘muro del pianto’, visitare i luoghi di preghiera cari all’Islam”. Per il vescovo, “che il tempio salomonico, distrutto dai babilonesi nel 586, e poi ricostruito nel dopo esilio ai tempi del profeta Aggeo, infine abbellito da Erode il Grande, e definitivamente distrutto dai Romani nel 70 dopo Cristo, sia stato costruito in quel luogo di Gerusalemme è un fatto storico incontrovertibile e di cui il nome mantiene non solo la memoria religiosa, ma anche quella storica e archeologica”. Secondo Spreafico, “che un organismo culturale come l’Unesco neghi sostanzialmente questo fatto è una grave mancanza culturale, al di là delle questioni di carattere religioso o politico che la dichiarazione può implicare”. “È preoccupante che venga adottata una simile risoluzione in un frangente storico così delicato, mentre le religioni sono chiamate a confrontarsi pacificamente e a dialogare”, ammonisce il vescovo, sottolineando che “abbiamo bisogno di gesti e parole di distensione, che uniscano e non dividano ulteriormente un mondo già diviso dai conflitti e minacciato dal terrorismo, che provocano così tanto male e tanta morte”.

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