Diocesi: Perugia-Città della Pieve, un pomeriggio dedicato al ricordo di “don Elio” Bromuri

Un pomeriggio dedicato a “don Elio”. Così la diocesi di Perugia-Città della Pieve ha ricordato, nel giorno in cui avrebbe compiuto 86 anni, la figura di monsignor Elio Bromuri, morto un anno fa dopo 60 anni di sacerdozio, di cui 40 da direttore del settimanale delle diocesi umbre, “La Voce”. “Don Elio – ha ricordato il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, nell’omelia della Messa nella cattedrale di San Lorenzo – è riuscito a sintetizzare la fede, con la cultura e quest’ultima con la carità pastorale e ciò gli ha permesso di entrare in dialogo e in comunione con tanta gente, specie con i giovani”. All’incontro successivo nella Sala dei Notari – informa la diocesi – sono intervenuti, portando il loro ricordo personale di don Elio, monsignor Carlo Ghidelli, arcivescovo emerito di Lanciano-Ortona, Piergiorgio Lignani, presidente emerito di Sezione del Consiglio di Stato, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, e Carlo Cirotto, presidente della Cooperativa “Unitatis Redintegratio” del Centro internazionale di accoglienza-Ostello. Gli intervenuti hanno auspicato che le “opere visibili” di don Elio possano proseguire nel tempo attraverso i suoi collaboratori, in modo da colmare il vuoto che ha lasciato. Intanto, per ricordare don Elio e farlo conoscere ai posteri, è stato pubblicato dalle Edizioni La Voce il volume: “Don Elio. Uomo del dialogo. Nella carità. Nella libertà e nella fedeltà alla Chiesa”.

“Don Elio – ha proseguito Bassetti – tra le sue doti aveva sicuramente quella di offrire un consiglio sicuro e spassionato. E come vescovo me ne sono giovato spesso, soprattutto in questioni difficili”. Monsignor Ghidelli, che conobbe il sacerdote perugino mezzo secolo fa, partecipando agli incontri ecumenici nazionali subito dopo la chiusura del Concilio Vaticano II, ha parlato di “caratteristica poliedrica personalità” di don Elio, perché “poliedrica è la figura geometrica che Papa Francesco ci invita a valorizzare, figura capace di rendere al meglio la situazione dell’ecumenismo di oggi”. “A ‘La Voce’ – ha ricordato il direttore di Avvenire – ho imparato la ricerca dell’armonia delle voci dell’informazione. Qui si faceva informazione senza riverire nessuno. Un’informazione vera, libera per la capacità di ascolto del territorio, vicina alle persone vere e alla loro vita. Ho imparato accanto a don Elio che identità e accoglienza vanno insieme e questo è importante per un giornalista. Giornalisti non si nasce, si può avere una vocazione, una passione vera, che è del cristiano nel saper interpretare la fraternità”.

 

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