Associazioni: Occhetta (Ucsi), “la comprensione provoca l’agire morale del giornalismo”

“Il giornalismo è chiamato a comprendere, a fare entrare nello spazio della conoscenza ciò che accade. La comprensione (dal latino comprehensio -onis) è la capacità di capire qualcuno o qualcosa. Non a caso si dice a un altro ‘ti comprendo’. Anche questo verbo provoca l’agire morale del giornalismo”. Lo scrive padre Francesco Occhetta, giornalista e scrittore di Civiltà Cattolica, in una riflessione pubblicata nel sito dell’Ucsi. Per il consulente ecclesiastico dell’Unione cattolica stampa italiana “la comprensione di ciò che accade nel mondo giornalistico attiene sempre alla qualità relazionale e all’umiltà di imparare”. La “vocazione del giornalismo – spiega – non è altro che quella di narrare: la vita, la morte, le tragedie, le storie, i cambiamenti antropologici, quelli morali… e farlo sempre con grande rispetto verso le persone”. In pochi anni, nota Occhetta, “i linguaggi del giornalismo si sono trasformati: da quello razionale e geometrico degli anni Settanta a quello emotivo degli anni Novanta, a quello narrativo di questi ultimi anni. Quest’ultimo linguaggio potrebbe non rispondere a verità se pretende di essere esaustivo e arrogante”. Per Occhetta “narra il giornalista spiritualmente libero che non è corrotto o attanagliato da compromessi. Altrimenti i suoi racconti si deformano sempre come una sorta di autogiustificazioni”. Ma “la narrazione richiede anzitutto responsabilità: ‘Quando si è responsabili — scrive il filosofo morale E. Levinas —, si risponde sempre di un altro uomo. Noi, certo, possiamo ignorarlo, ma in realtà siamo responsabili anche di ciò che è successo poco fa a colui che è passato vicino a noi. Questa è la responsabilità’. È questo l’insegnamento che farà crescere il giornalismo italiano”, conclude Occhetta.

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