Giornata mondiale malato: monsignor Zimowski, occasione per “favorire incontro con ebraismo e islam”

“L’uomo soffre in diversi luoghi, a volte soffre terribilmente. E chiama un altro uomo. Ha bisogno del suoi aiuto. Ha bisogno della sua presenza”. Lo ha detto monsignor Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, presentando oggi in Sala Stampa vaticana la Giornata mondiale del malato, che quest’anno si svolgerà in forma solenne in Terra Santa, ed in particolare a Nazareth – dove si terrà la celebrazione principale – il luogo dove è nato Gesù e dove ha compiuto il suo primo miracolo, dando così inizio alla sua attività pubblica.  La Galilea, “dove Gesù ha compiuto tante guarigioni”, “ci ricorda l’importanza della vicinanza di Gesù ai malati e ai sofferenti”, ha esordito  Zimowski, sottolineando che “a volte ci intimidisce il fatto di non poter guarire, di non poter aiutare come Gesù”. “Cerchiamo di superare questo imbarazzo”, l’invito del presule: “L’importante è andare. Stare accanto all’uomo che soffre, che forse più che della guarigione ha bisogno della presenza dell’uomo, del cuore umano pieno di misericordia, dell’umana solidarietà”. La Giornata, ha fatto notare il presidente del dicastero pontificio, “si iscrive molto bene anche all’interno del Giubileo straordinario della Misericordia”: “Visiteremo la basilica del Santo Sepolcro e dell’Agonia (Getsemani), luoghi dove Cristo si è consegnato al Padre per la nostra salvezza, con la consapevolezza che credere nel Figlio crocifisso significa vedere il Padre, significa credere che l’amore è presente nel mondo e che questo amore è più potente di ogni genere di male nel quale l’uomo, l’umanità, il mondo sono coinvolti. Credere in tale amore significa credere nella misericordia”. La Giornata mondiale del malato, infine, può esser un’occasione per “favorire l’incontro con l’ebraismo, con l’islam e con le altre nobili tradizioni religiose”, per combattere “ogni forma di chiusura e di disprezzo” ed espellere “ogni forma i violenza e di discriminazione”, come auspica il Papa nella Bolla di indizione del Giubileo.

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