Ue: summit a febbraio su referendum britannico, emergenza migratoria e futuro di Schengen

Il premier britannico Cameron con la cancelliera tedesca Merkel

(Bruxelles) “A seguito della discussione” del summit Ue del dicembre 2015 “sui piani del Regno Unito per un referendum sulla permanenza o l’uscita dall’Ue, il Consiglio europeo dovrebbe convenire soluzioni di reciproca soddisfazione in tutti e quattro gli ambiti”, ossia “competitività, governance economica, sovranità e sicurezza sociale”. Lo si legge nell’ordine del giorno del summit fissato per il 18 e 19 febbraio, che porterà ancora una volta a Bruxelles i 28 capi di Stato e di governo dell’Unione. Al tavolo delle trattative siederanno i leader dei Paesi aderenti, per discutere, con il premier britannico David Cameron, le sue proposte di riforma Ue. Se Cameron otterrà dai “colleghi” alcuni accordi o “concessioni”, potrà tornare in patria convocando il referendum da lui stesso promosso e invitando i cittadini a votare “sì” alla permanenza nella “casa comune”. Non è peraltro un mistero che la stessa decisione di convocare il referendum (“entro il 2017”, aveva promesso Cameron, ma che potrebbe tenersi già quest’anno) ha indispettito numerosi leader di altri Stati e si attende un dibattito piuttosto acceso. Anche perché negli stessi giorni figura un altro “esplosivo” argomento in agenda: “Il Consiglio europeo farà il punto sull’attuazione delle decisioni che ha adottato in risposta alla crisi migratoria e dei rifugiati”. In primo piano, dunque, la tenuta dell’area Schengen e la risposta all’emergenza migratoria.

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