Sinodo famiglia: mons. Semeraro, “il racconto alla mia Chiesa” in una “breve Relatio pastoralis”

“Una sorta di breve Relatio pastoralis”. Così monsignor Marcello Semeraro, vescovo di Albano, presenta il libretto “Il Sinodo sulla famiglia raccontato alla mia Chiesa”, da lui scritto a pochi mesi dalla conclusione del Sinodo sulla famiglia. “Rientrato in diocesi dalle impegnative tre settimane trascorse a Roma nello scorso mese di ottobre – spiega il vescovo -, ho esposto il contenuto della Relatio finalis prima al presbiterio diocesano, il 29 ottobre, e successivamente, il 15 novembre, agli operatori dei diversi uffici pastorali in una molto partecipata assemblea diocesana. Ne è venuta la domanda unanime di potere disporre del testo scritto dell’intervento. Da qui l’idea di pubblicarlo con l’editrice diocesana Miter Thev”. Nell’opuscolo (49 pagine) Semeraro ripercorre le varie fasi del Sinodo, sin dalla “chiamata di Francesco a essere padre sinodale e anche membro della speciale Commissione per la stesura della Relazione finale”. Ancora una volta, confida, “ho ricevuto come una boccata d’ossigeno della cattolicità della Chiesa. Desidero, perciò, inviare insieme con voi un pensiero di gratitudine e di affetto al Santo Padre. È lui che ha voluto questo Sinodo; lui che ne ha scelta la modalità in due tempi e ancora lui che, con guida sapiente ed esperta, l’ha portato a conclusione”.

Il vescovo analizza la “Relatio finalis” da tre prospettive – fragilità, sguardo, parole fragili – evidenziando, in modo particolare, come il “passaggio dalla morale della legge alla morale della persona sia di fondamentale importanza. A me pare che sia tra le cose più rilevanti di questo Sinodo; fra quelle su cui il Sinodo si è impegnato, facendone così una proposta al Papa. La questione, in breve, non è solo di singole questioni, ma prima ancora d’impostazione della teologia morale”.

E ora, cosa succederà? Ci sarà un documento del Papa? “Lo deciderà egli stesso – risponde Semeraro -. Il Papa d’altronde sta continuando la serie delle sue catechesi sulla famiglia e non c’è dubbio che questa gli stia davvero a cuore. Due indicazioni possono essere colte nella seconda udienza generale dopo il Sinodo, il 4 novembre 2015: la prima è che il Papa ritiene di dover ‘meditare’ sulla questione; la seconda è che le famiglie cristiane hanno il compito loro stesse di scrivere nelle pagine della vita concreta la bellezza del Vangelo della famiglia”.

La “Relatio finalis”, riflette il vescovo, “è certamente un testo ben fatto. E come tanti altri testi ‘sinodali’ (inclusi quelli ‘conciliari’ del Vaticano II) è un testo di convergenza; testo, cioè, che mira a formare un ‘consenso’. In quanto ‘sinodale’, poi, è un testo di ‘cammino insieme’ e questo, della Relatio finalis di questo Sinodo, ritengo si possa davvero dire. Del resto si cammina insieme soltanto nella comunione. Diversamente sarebbe altro: si può essere in molti, ma non necessariamente ‘insieme’”. Nella “Relatio”, osserva il presule, “ci sono delle cose che sono state lasciate ‘fuori’ testo per diverse ragioni. Talvolta perché non ancora da tutti ritenute mature; altre volte perché solo parzialmente pertinenti all’argomento generale del Sinodo (si pensi al tema specifico delle persone omosessuali, al n. 76 inserito nel contesto più ampio della famiglia); altre volte perché volutamente lasciate ‘aperte’ al fine di affidarle al magistero petrino, ma sufficientemente chiare perché vi si riconosca una direzione (cfr n. 85)”.

Circa un “eventuale” documento del Papa, secondo Semeraro, “pare evidente che, quando sarà scritto, alcune cose dovrebbero esservi incluse, perché auspicate dalla stessa Relatio. Almeno due: l’indicazione di criteri per il discernimento nelle diverse situazioni matrimoniali; la verifica circa l’opportunità o meno di conservare alcuni ‘divieti’ per i fedeli divorziati risposati in vista di una loro più chiara integrazione nella vita della Chiesa”. Poi, “ci sono altre questioni, oggi teologicamente riaperte. Ad esempio, quella (di non facile soluzione) sul come e quanto la fede sia una condizione per il matrimonio sacramentale. È una questione teologica sulla quale si rende urgente una più approfondita riflessione”. E ancora: “Ci si potrebbe domandare se non sia da approfondire e meglio articolare il rapporto matrimonio, Eucaristia e Chiesa”. Insomma, conclude il vescovo, “per quanto l’attenzione dei media (e non solo di loro) si sia quasi esclusivamente concentrata sulla questione dell’ammissione dei fedeli divorziati rispostati all’Eucaristia, le domande teologiche (e di conseguenza anche quelle pastorali) vanno ben al di là”.

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