CARCERE: P. TRANI (REGINA COELI), "NON EDUCA E NON AIUTA"

Carceri meno sovraffollate, con l’adozione di misure alternative quando possibile – tra cui l’uso dei braccialetti elettronici -, e un garante nazionale dei diritti delle persone detenute. Parte da questi presupposti il decreto legge varato ieri dal Consiglio dei ministri, che entro 60 giorni dovrà essere approvato da entrambi i rami del parlamento se si vuol dare un futuro a queste misure. "Speriamo che questo decreto venga tramutato in una linea fatta di scelte concrete e condivise", esordisce, in un’intervista al Sir (clicca qui), padre Vittorio Trani, da 35 anni cappellano del carcere romano di Regina Coeli, convinto che "se il carcere funziona a trarne beneficio è tutta la società". Trani è convinto che "la pena detentiva da scontare dietro le sbarre andrebbe riservata per reati molto gravi", mentre "per il resto bisogna essere capaci di utilizzare quegli strumenti che già la legge prevede in alternativa alla detenzione: ad esempio i tossicodipendenti potrebbero andare in strutture che possano aiutare, invece di finire dietro le sbarre". Il tossicodipendente, infatti, "ha perso la sua capacità di autodeterminarsi, si trova in balia di queste sostanze, va aiutato". Pertanto, "oltre a punire il reato, bisogna individuare la soluzione più idonea per ‘liberare’ questa persona dal dominio delle droghe". E la comunità di recupero è "una risposta che va nella giusta direzione", mentre "il carcere non educa e non aiuta".

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