Gli ex alunni dell’Università Cattolica si ritrovano a New York. Anelli: “Investiamo sulle persone, non solo sulle competenze”

Mestieri diversi, età diverse, provenienze varie ma tutti sono stati studenti all’Università Cattolica e la laurea conseguita è stato uno dei biglietti da visita della loro nuova vita nella Grande Mela. Il rettore li ha chiamati all’appello per riallacciare i legami con l’università ma anche per ricostruire quel senso di comunità sperimentato nelle sedi di Milano, Piacenza, Roma, Brescia, durante gli anni universitari, e che ora può essere trasferito fuori dall’Italia, proprio adesso che tutti sono affermati professionisti

(da New York) Ilaria è avvocato e si occupa di copyright per un’azienda di software. Saverio invece è uno dei manager della Ferrero ed è entusiasta all’idea di espandere la sua agenda di contatti. La laurea in filologia ha traghettato Giulia nel mondo del giornalismo; mentre Salvatore si prepara per il 18º anno consecutivo a ritrovare il suo nome sul New York Times magazine come uno dei cardiochirurghi infantili con più alto numero di pazienti curati.

Mestieri diversi, età diverse, provenienze varie ma tutti sono stati studenti all’Università Cattolica e la laurea conseguita è stato uno dei biglietti da visita della loro nuova vita nella Grande Mela. Il rettore li ha chiamati all’appello per riallacciare i legami con l’università ma anche per ricostruire quel senso di comunità sperimentato nelle sedi di Milano, Piacenza, Roma, Brescia, durante gli anni universitari, e che ora può essere trasferito fuori dall’Italia, proprio adesso che tutti sono affermati professionisti. L’appuntamento con gli alumni, gli ex laureati, è stato fissato venerdì 26 aprile al Beeckam hotel a pochi passi da Wall Street, e in 95 hanno risposto alle mail della segreteria o ai messaggi ricevuti su Linkedin, entusiasti di ritrovarsi e curiosi delle novità che sarebbero state annunciate.

“Per noi la relazione con i laureati non è accessoria – spiega Franco Anelli, rettore della Cattolica – anzi è essenziale all’attività dell’università. Se vogliamo costruire una comunità con tutti gli studenti dell’ateneo non possiamo limitarci ai 4-5 anni in cui si vive dentro il campus:

abbiamo investito sulle persone non solo in termini di competenze, ma anche nel costruire la loro identità.

E sono le persone il nostro migliore biglietto da visita in termini di qualità, sono loro i nostri migliori ambasciatori”. Ed è proprio a questi ambasciatori che il rettore chiede di offire suggerimenti per innovare l’attività dell’università, la didattica, le materie e le nuove competenze da acquisire. Chiede a loro, in qualche modo, di reimpostare la vita dell’ateneo creando un legame ancora più diretto con il mondo del lavoro. “Vogliamo essere ancora più presenti nelle istituzioni e nel business”, continua Anelli invitando ciascuno dei presenti a mantenere viva la comunità della Cattolica a New York e a mantenere saldo il legame con l’ateneo che li ha formati.

Espandere questo percorso di reciprocità è l’obiettivo del tour statunitense del rettore e del suo staff che a New York visiteranno anche il campus della Fordham University, una delle più antiche università gesuite del Paese e quella della St. John University a Queens. In programma però ci sono incontri con gli ex alunni ora a Washington, Boston, Filadelfia dove con i rappresentanti della  Thomas Jefferson University si è siglato un accordo per riconoscere la laurea in Medicina sia nei Paesi Ue che negli Usa.

Audacia e innovazione è il binomio che sta indirizzando non solo la visita americana ma sono le linee guida su cui l’università insiste. “Essere audaci significa svolgere la propria missione con impegno senza badare a sacrifici – continua il rettore -. L’audacia in tempi difficili significa convincere i giovani che investire sulle proprie capacità non è uno spreco, ma un atto di coraggio”.

Sull’innovazione la Cattolica ha appena presentato un report dove solo nell’ultimo anno sono stati brevettati 27 prodotti e altri 11 spin off sono nati da una ricerca interna ai cinque campus. Una di queste innovazioni è Osta, un insieme di sensori e sofware che a seconda delle condizioni climatiche e del terreno decido di intervenire sul trattamento delle piante dosando al minimo l’uso di pestici e garantendo allo stesso tempo una elevata produttività.

“Gli spinoff nascono da un gruppo di giovani ricercatori guidato da un docente – spiega Pier Sandro Cocconcelli, docente di Microbiologia degli alimenti, anche lui nella delegazione americana -. L’università detiene una quota di partecipazione e per tre anni accompagna lo sviluppo interno, ma dopo ciascuna innovazione deve crescere autonomamente e questo percorso favorisce la capacità imprenditoriale dei giovani e l’interesse di capitali stranieri”.

“Quando pensiamo all’innovazione – ribadisce il rettore Anelli – non pensiamo solo ad un nuovo aggeggio ma piuttosto ad un modo di pensare, produrre e creare servizi che richiedono indipendenza di pensiero e una solida formazione: sono queste capacità ad innescare scintille e ad accendere luci di novità”. Infine ci soffermiamo sull’identità cattolica dell’università e Anelli ricorda che per tradizione “l’educazione cattolica si rivolge a tutti: a chi vuole una formazione seria e accurata e a chi condivide i nostri valori al di là della fede. Per chi invece aderisce alla fede, si sperimenta uno stile di azione sul quotidiano che è decisivo”. Ed è quello che anche la tappa americana ha mostrato attraverso il successo dei 95 ex studenti.

 

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