Crollo diga in Brasile. Vescovi: “Urgente che l’attività mineraria abbia un quadro normativo”

58 le vittime accertate secondo le cifre dei vigili del fuoco, ma la drammaticità del bilancio sta, ancora di più, nel numero dei dispersi: 305 le persone che mancano all’appello. Senza considerare il consistente danno ecologico. E l’emergenza non è ancora finita. Ieri, di prima mattina, la sirena dell’allarme (la stessa sirena che, pare, non era suonata venerdì) ha svegliato gli abitanti di Brumadinho. In 3mila sono stati sgomberati, per il timore che cedesse anche la terza diga, quella superiore. Nel pomeriggio sono stati fatti rientrare. Anche Papa Francesco ieri, all’Angelus, ha invitato a pregare per le vittime della tragedia

Centinaia di vittime innocenti, travolte da una colata di fango che ha, e non può non avere, dei precisi colpevoli. La piccola cittadina di Brumadinho e, con essa, tutto il Brasile si interrogano, ancora scossi, sulla tragedia avvenuta venerdì, all’ora di pranzo, nella miniera di ferro Córrego do Feijão di proprietà della Vale S.A. La rottura di due dighe del bacino che contiene gli scarti minerari ha causato l’ondata che ha provocato la “distruzione totale” del territorio circostante. 58 le vittime accertate secondo le cifre dei vigili del fuoco, ma la drammaticità del bilancio sta, ancora di più, nel numero dei dispersi: 305 le persone che mancano all’appello. Senza considerare il consistente danno ecologico. E l’emergenza non è ancora finita. Ieri, di prima mattina, la sirena dell’allarme (la stessa sirena che, pare, non era suonata venerdì) ha svegliato gli abitanti di Brumadinho. In 3mila sono stati sgomberati, per il timore che cedesse anche la terza diga, quella superiore. Nel pomeriggio sono stati fatti rientrare. Anche Papa Francesco ieri, all’Angelus, ha invitato a pregare per le vittime della tragedia.

Una catastrofe, ma non una fatalità. Come non lo era stata l’altra tragedia mineraria, che si era verificata poco più di tre anni fa, il 5 novembre 2015, a Mariana, sempre nello stato brasiliano di Minas Gerais, a 150 chilometri di distanza, con 19 vittime e un enorme inquinamento. Secondo l’Agenzia nazionale dell’acqua sono 54 le dighe di questo tipo a rischio, in tutto il Brasile.

L’arcivescovo: “Politica mineraria da ripensare”. “Per noi questa tragedia è un grande peso. Dimostra che non abbiamo imparato la lezione dopo quanto abbiamo vissuto tre anni fa”. Lo afferma con grande amarezza, raggiunto dal Sir, dom Walmor Oliveira de Azevedo, arcivescovo di Belo Horizonte, capitale del Minas Gerais, l’arcidiocesi nel cui territorio di trova Brumadinho. L’arcivescovo non ha dubbi: “Non è sufficiente arrivare a spiegare le ragioni tecniche per cui tutto ciò è avvenuto. La verità è che non abbiamo una politica mineraria adeguata, a rimetterci sono i poveri, i sofferenti, mentre c’è chi fa grandi profitti, senza investire sulla sicurezza. Il Governo, a tutti i livelli, federale e statale, deve ripensare la politica mineraria”.

Purtroppo tutto sembra portare verso una direzione opposta: “Proprio il giorno della tragedia è stata data un’altra licenza per uno stabilimento estrattivo, sulla Sierra de Piedade, a ridosso del Santuario dell’Addolorata. Con la nostra associazione ambientale e con la Pontificia Università Cattolica di Belo Horizonte faremo di tutto per aprire una nuova discussione”.

Dom Oliveira de Azevedo, sabato sera, ha celebrato la messa a Brumadinho, di fronte a una comunità scossa. “Ho cercato di portare la luce della speranza di Cristo, cuore del mondo. Stiamo in tutti i modi cercando di dare consolazione e solidarietà, ma allo stesso tempo insistiamo per aprire un cammino nuovo, altrimenti continueremo a scrivere pagine come questa. Servono cambiamenti profondi, sia a livello legislativo, sia a livello di cultura e mentalità, va promosso lo sviluppo integrale della persona”.

Le responsabilità dell’azienda e dello Stato. Il richiamo dell’arcivescovo viene fatto proprio anche dalla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), che in una nota insiste: “È urgente che l’attività mineraria in Brasile abbia un quadro normativo che non metta più al centro i profitti esorbitanti delle aziende minerarie, al prezzo del sacrificio umano e della depredazione dell’ambiente, con la conseguente distruzione della biodiversità”.

Durissimo il commento della rete continentale Iglesias y Minería: “L’impresa Vale S.A, insieme alla Bhp Billiton, è la responsabile dei 19 morti e dell’inquinamento di tutto il bacino del Río Doce, nel disastro avvenuto il 5 novembre del 2015. La ripetizione di una stessa rottura, tre anni dopo, con un bilancio di vittime molto più grave, è la conferma dell’incapacità di gestione e prevenzione dei danni, di disinteresse e di condotta criminale”. Questa responsabilità “coinvolge anche lo Stato, che concede licenze a progetti estrattivi e dovrebbe monitorarli per garantire la sicurezza e la vita degna delle comunità e dell’ambiente”.

Da Brumadinho: “Tragedia annunciata”. Ulteriori particolari, raccolti dal Sir attraverso testimonianze dirette, fanno salire ancora di più l’indignazione. “È una tragedia annunciatissima, non solo annunciata – afferma, con la voce rotta dalla commozione ma anche piena d’indignazione, Carolina de Moura, attivista del Movimento Aguas e Serras de Casa Branca -. Vivo molto vicino alla diga, da otto anni lotto contro questa miniera, che proprio in dicembre ha ottenuto la licenza di espansione dell’82%. I politici dicono tante belle cose, ma poi si continuano a fare queste pazzie”.

“L’ondata ha travolto il refettorio all’ora di pranzo, mentre molti lavoratori stavano mangiando, e gli uffici dell’impresa”, racconta sempre da Brumadinho frei Rodrigo Peret, francescano che vive a Belo Horizonte e si è subito recato sul luogo del disastro. “La diga non veniva utilizzata dal 2015 – aggiunge -, ma com’è possibile che proprio subito sotto ci fossero gli uffici e il refettorio? La sicurezza di questo tipo di dighe è messa in discussione da tempo. Eppure, dopo la tragedia di Mariana, invece di rendere più difficili le procedure, esse sono diventate perfino più flessibili”.

E poi ci sono le conseguenze per l’ambiente, come spiega il comboniano padre Dario Bossi, uno dei coordinatori in Brasile della rete Iglesias y Minería: “La contaminazione del fiume è grande e le amministrazioni pubbliche di diversi municipi hanno raccomandato alla gente di allontanarsi dal fiume Paraopebas, affluente del rio San Francisco, per il rischio di improvvise piene, e hanno sospeso l’uso dell’acqua nei municipi”.

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