Dal Cairo un laboratorio islamo-cattolico per “una teologia condivisa di dialogo”

Cinque intellettuali musulmani e cinque cattolici in dialogo per una ricerca teologica condivisa. Sono stati ospiti in questi giorni al Cairo presso l’Istituto domenicano di studi orientali (Ideo). Mercoledì 28 novembre anche un incontro all’Università al-Azhar. Padre Vincent Feroldi (Conferenza episcopale francese): “Non siamo solo dei credenti abitati da una esperienza spirituale personale che si incontrano ma credenti che accettano di riflettere insieme teologicamente, ciascuno profondamente radicato nella propria tradizione ma anche profondamente  consapevole che la presenza dell’altro aiuta, anzi è necessaria, perché si possa avanzare nella propria ricerca teologica”

(dal Cairo) Un laboratorio di dialogo teologico tra musulmani e cattolici. Un piccolo esperimento in divenire con l’obiettivo di non rimanere chiusi nelle aule dei monasteri o delle Università ma di offrire alle proprie comunità di riferimento l’esperienza di un rapporto di amicizia vissuto nel tempo e di una ricerca teologica condivisa. Si presenta così il gruppo islamo-cattolico nato due anni fa, per iniziativa del Servizio nazionale per le relazioni con i musulmani della Conferenza episcopale francese, e formato da 10 intellettuali, 5 musulmani e 5 cattolici. Si sono dati appuntamento in questi giorni al Cairo per un incontro di confronto e dialogo accolti dall’Istituto domenicano di studi orientali (Ideo). Nato negli anni ‘40, è animato oggi da 12 frati domenicani, tutti dediti allo studio dell’islam a partire dalle fonti della cultura musulmana con una meravigliosa biblioteca nella quale sono raccolti 150mila testi e circa 1.800 titoli di riviste e periodici specializzati.

Sono i domenicani ad aver accolto il gruppo di intellettuali, imam ed esperti di islam. L’Ideo si trova nel quartiere di Abbassiah ed è un luogo immerso tra i libri ed un giardino rigoglioso di piante e fiori. Una vera e propria oasi di ricerca culturale e bellezza, meditazione e preghiera, nel caos brulicante e polveroso della città. “Un gruppo informale, non istituzionale”, precisano subito, ma fortemente sostenuto dai vescovi francesi. Per i cattolici partecipano i fratelli domenicani Adrien Candiard (Egitto), Claudio Monge (Turchia), Emilio Platti (Belgio), Colette Hamza (Francia) e padre Vincent Feroldi (Francia). I musulmani sono invece rappresentativi delle diverse sensibilità: Mohamed Bajrafil è un imam e docente di linguistica coranica; Denis Gril è di tradizione sufi; Omero Marongiu-Perria è sociologo; Abdessalem Souiki e Djamel Djazouli sono professori. Mercoledì 28 novembre sono stati ricevuti dal direttore dell’Università al-Azhar e nel cuore di questa istituzione di ricerca e formazione che accoglie oltre 300mila studenti (di cui 17mila sono stranieri) c’è stato un intenso scambio sui temi caldi della libertà di coscienza e della laicità dello Stato.

Il metodo di lavoro del gruppo è semplice. Si chiede ogni volta ad un cristiano e ad un musulmano di preparare una riflessione su una tematica, per un dialogo a due voci. Ciascuno presenta la sua riflessione e poi tutti dialogano con i relatori. Per questa sessione di lavoro si è riflettuto sul fondamento teologico del dialogo nelle rispettive tradizioni e sull’obiettivo dell’essere in dialogo. Se fino a qualche anno fa – raccontano – il dialogo interreligioso è stato avviato sempre per iniziativa dei cristiani,

sempre più numerose sono oggi le voci musulmane che si fanno sentire per chiedere di ritrovare i fondamenti propriamente coranici e profetici dell’incontro con i non-musulmani.

“È importante riflettere insieme teologicamente e interrogarci se è possibile arrivare ad una teologia condivisa del dialogo”, spiega padre Vincent Feroldi, responsabile del servizio relazioni con l’Islam della Cef. “Non siamo solo dei credenti abitati da una esperienza spirituale personale che s’incontrano, ma credenti che accettano di riflettere insieme teologicamente, ciascuno profondamente radicato nella propria tradizione ma anche profondamente consapevole che la presenza dell’altro aiuta, anzi è necessaria, perché si possa avanzare nella propria ricerca teologica”.

Omero Marongiu-Perria e padre Vincent Feroldi

Si tratta di un dialogo teologico nuovo perché nuovo è il contesto in cui avviene. “Bisogna prendere atto di un mondo che è cambiato”, osserva Omero Marongio-Perria, islamologo, esperto di islam francese. “Non è più dialogo tra civiltà. Viviamo in società plurali dove i popoli con le loro culture, tradizioni e storie diverse s’incontrano e si mischiano. Non si tratta più di riflettere sulla possibilità o meno di coesistere. Non è più multiculturalismo. La questione oggi è un’altra: cosa possiamo costruire insieme per il futuro della società?”.

“E questo ci spinge ad interrogarci sia su che tipo di collaborazione vogliamo attivare, sia sul perché vogliamo farlo. Che direzione vogliamo dare insieme alla storia? E quale posto hanno i credenti nel mondo di oggi e di domani?”.

L’obiettivo è arrivare alla moschea e alla chiesa. All’università e al liceo, alla prigione e all’ospedale, alla biblioteca e al quartiere. “Prima ancora di definire teologicamente il dialogo, cerchiamo di metterlo in pratica”, dice padre Claudio Monge, responsabile del Centro per il dialogo interreligioso e culturale di Istanbul, in Turchia. “A partire dalle nostre convinzioni di fede e anche in modo teologico, convocando la razionalità, nella prospettiva di portare qualcosa di fruttuoso attorno a noi. La teologia è vera teologia quando diventa pastorale, quando cioè ha la pretesa di avere una incidenza nella visione credente del quotidiano”.

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