Il Messico sceglie Obrador ma per sconfiggere violenza, narcotraffico e corruzione serve la partecipazione di tutti

Andrés Manuel López Obrador è il primo presidente chiaramente di sinistra nella storia del Paese, proprio nell’anno in cui l’izquierda sta conoscendo nell’ambito latinoamericano varie sconfitte. Il fondatore e leader del partito Morena domenica scorsa ha raggiunto circa il 53% dei voti (dati non ancora definitivi). Gli avversari del nuovo presidente si sono rapidamente congratulati con il vincitore

A lungo evocato dai sondaggi, alla fine il cambio epocale per la vita politica messicana è arrivato. Andrés Manuel López Obrador è il primo presidente chiaramente di sinistra nella storia del Paese, proprio nell’anno in cui l’izquierda sta conoscendo nell’ambito latinoamericano varie sconfitte. Il fondatore e leader del partito Morena domenica scorsa ha raggiunto circa il 53% dei voti (dati non ancora definitivi). Gli avversari del nuovo presidente si sono rapidamente congratulati con il vincitore. Ricardo Anaya, capo di una coalizione che vedeva alleati il Prd (sinistra moderata) e il Pan (centrodestra), è al 22,5%, mentre José Antonio Meade, candidato del Pri, l’attuale e storico partito di governo, è al 16%. Nel suo primo discorso López Obrador ha usato parole improntate alla cautela e alla conciliazione, sia sul fronte interno che su quello internazionale. La sinistra di Morena si afferma anche in cinque Stati sui nove in cui si votava per governatore: tra questi nel distretto di Città del Messico e, a sorpresa, nel Veracruz.

Una vittoria netta. López Obrador, noto anche con l’appellativo di Amlo, non è certo un volto nuovo della politica messicana. Ha iniziato la carriera nella tradizionale forza di governo, erede della rivoluzione messicana, il Partito revolucionario institucional (Pri), ha poi dato vita a un partito di sinistra moderata, il Partito de la revolución democratica (Prd), che ha poi abbandonato per fondare il partito Morena (Movimento di rigenerazione nazionale). E’ stato governatore di Città del Messico; nel 2006 (per un solo punto) e nel 2012 ha perso la corsa per la presidenza della Repubblica.

Al terzo tentativo ce l’ha fatta, al termine di una campagna elettorale lunga e contrassegnata dalla violenza di mafie e narcotrafficanti (non è in pratica passato giorno senza che qualche candidato sia stato ucciso, alla fine gli omicidi sono stati almeno 130), che hanno cercato di condizionare non solo le elezioni nazionali, ma quelle locali (domenica si è votato, come accennato, anche per i Governatori di nove Stati messicani e per numerosi sindaci).

Jorge Navarrete Chimés, direttore generale dell’Istituto messicano di dottrina sociale cristiana (Imdosoc), è contento che domenica le elezioni si siano svolte in un clima di serenità: “E’ stata una giornata storica e soprattutto pacifica, al contrario di quanto avvenuto in campagna elettorale”. Nell’analizzare il voto, Navarrete parte dalla “sconfitta epocale del Pri, la cui causa è da ricercare nei tremendi scandali di corruzione. La vittoria di Morena e di López Obrador era prevista, ma va detto che questa è un’alleanza piuttosto strana. Insieme a Morena, che considero un partito di centrosinistra, ci sono infatti il Partito del Trabajo, di estrema sinistra, e la lista Encuentro Social, formata perlopiù da evangelici pentecostali conservatori. Proprio questa lista potrebbe ottenere una settantina di deputati ed è una delle novità di queste elezioni”.

“Prima i poveri”. Restano le speranze che i messicani hanno affidato ad Amlo: “Per il bene di tutti, prima i poveri”, è lo slogan più usato dal nuovo presidente, spiega Navarrete, che continua: “Certo, si può parlare di una speranza per il Messico. Finora verso i poveri e gli emarginati ci sono state solo politiche assistenzialiste, non di promozione della persona.

Nel Messico, così ricco di risorse, il 60% della popolazione vive in povertà.

Ma sarà importante che le politiche sociali e per i poveri siano portate avanti rispettando le istituzioni e la stabilità dei parametri macro-economici”.

“Un animale politico, poco mediatore”. Il professor Jorge Traslosheros, docente dell’Istituto di ricerche storiche dell’Università nazionale autonoma del Messico (Unam), è più scettico su López Obrador, ma è contento dell’andamento complessivo della giornata di domenica: “I messicani hanno dimostrato maturità democratica, hanno scelto il cambiamento, punendo duramente il Pri, ma la composizione del Parlamento, che pone vari limiti al presidente, è molto variegata. E poi domenica non ci sono stati episodi di violenza. Anche la gestione dei risultati è stata molto lineare, a conferma che Amlo non aveva ragione di parlare di brogli o di ‘mafia’. Ora, come si dice, la palla è nella sua parte del campo… Tocca a lui”. Il docente è stato colpito da un aspetto: “Il presidente non ha avuto parole di ringraziamento per gli alleati. Del resto ho l’impressione che si sia trattato di un’alleanza elettorale, non di governo, come fanno a essere compatibili gli amici della Corea del Nord e gli evangelici puritani?

Amlo è un animale politico, ma non ama le mediazioni e non sopporta di essere contraddetto”.

Anche quella con Trump, per Traslaheros, sarà “un’incognita totale, sono due persone che non accettano pareri diversi dal proprio”.

Il ruolo della Chiesa e il “nodo” della partecipazione. Lo storico conclude con un commento sul ruolo avuto dai vescovi: “Sono molto contento, hanno avuto un ruolo molto pastorale, hanno tenuto conto che i cattolici sono presenti in tutti i partiti e che la Chiesa viene prima delle parti”. Il riferimento è anche al comunicato emesso ieri dalla Conferenza episcopale messicana. “Operando insieme, Governo e cittadini, possiamo fare grandi cose”, hanno scritto i vescovi, secondo i quali tutti “siamo chiamati a collaborare, in modo positivo, con le nostre autorità elette. Potremo creare migliori condizioni di sviluppo per tutti solo ce ci coinvolgeremo in prima persona”. In effetti, è grande il deficit di cittadinanza che attanaglia il Messico, come fa notare Navarrete: “Per sconfiggere violenza, narcotraffico e corruzione serve la partecipazione di tutti. Nel 2013 l’Istituto che dirigo, l’Imdosoc, ha effettuato una ricerca: emergeva la mancanza, in Messico, di una vera e propria società civile, il 95% della cittadinanza non partecipava alla vita sociale, non faceva parte ci associazioni di volontariato, per l’ambiente, o sportive. Questa è la più grande sfida che ci sta davanti”.

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