L’America Latina si interroga sulla presenza dei cattolici in politica

L’atteso evento viene promosso a Bogotá dal Celam (Consiglio episcopale latinoamericano) e dalla Cal (Pontificia Commissione per l’America Latina) dal 1° al 3 dicembre. I promotori, come ha evidenziato una nota diffusa dal Celam, si pongono l’obiettivo di offrire l’occasione per “uno scambio di esperienze, testimonianze e riflessioni sull’esperienza di laici cattolici che si assumono responsabilità politiche”

Un incontro inedito, che però viene da lontano. Un appuntamento ambizioso, che colma un vuoto, ma che non culla propositi di “blocco cattolico”. Stiamo parlando del primo incontro della Chiesa latinoamericana con alcuni cattolici che hanno attualmente o hanno avuto in un recente passato responsabilità politiche e di governo nei paesi del continente. L’atteso evento viene promosso a Bogotá dal Celam (Consiglio episcopale latinoamericano) e dalla Cal (Pontificia Commissione per l’America Latina) dal 1° al 3 dicembre. I promotori, come ha evidenziato una nota diffusa dal Celam, si pongono l’obiettivo di offrire l’occasione per “uno scambio di esperienze, testimonianze e riflessioni sull’esperienza di laici cattolici che si assumono responsabilità politiche”.

Spazio di ascolto a porte chiuse. Alcuni nomi nei giorni scorsi sono trapelati, come quelli dell’ex presidente messicano Felipe Calderón Hinojosa e gli argentini Julián Domínguez già presidente della Camera e Carolina Stanley, ministra dello Sviluppo sociale. In tutto i partecipanti all’incontro saranno una novantina. L’idea di fondo è cercare di individuare il possibile contributo dei cattolici, nel quadro del dialogo democratico e del pluralismo delle opzioni politiche, sulla scia della Dottrina sociale e del magistero di papa Francesco”. Ha spiegato il segretario generale del Celam e vescovo ausiliare di Morelia (Messico), mons. Juan Espinoza: “Vogliamo favorire un tavolo di dialogo, non ci saranno conferenze, ma spazi di riflessione che ci permettano di aprire cammini per ottenere che i nostri popoli vivano più in pace, che si cerchino il bene comune, lo sviluppo, l’uguaglianza e che i governi siano più equi”. Gli incontri saranno a porte chiuse, l’informazione verrà data attraverso due conferenze stampa, all’inizio e alla fine del convegno, ed alcuni comunicati.

Una contraddizione paradossale. Il Sir ha chiesto al professor Gianni La Bella, docente di Storia contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia ed esperto di questioni latinoamericane, di spiegare perché quello promosso dal Celam e dal Cal è un incontro importante. “Il punto di partenza – afferma – è una delle contraddizioni più evidenti del cattolicesimo latinoamericano: come mai paesi di grande tradizione e partecipazione cattolica sono state finora incapaci di esprimere delle leadership politiche?”. La domanda era stata posta con chiarezza nel 2008 al convegno di Aparecida, sia nel discorso di apertura di papa Benedetto XVI, sia nel documento conclusivo. “Bisogna riconoscere che in questi decenni le eccezioni sono state ben poche, come ad esempio la Democrazia cristiana in Cile”, ragiona La Bella, che prosegue: “Papa Francesco torna sulla questione nel recentissimo libro intervista di Hernán Reyes tutto dedicato all’America Latina. E lega la possibile risposta ad un nuovo passo della Chiesa in ambito sociale, tornando a sottolineare con forza che l’impegno politico è una forma di carità”. Il convegno di Bogotá vuole, allora, essere “uno spazio di ascolto, di natura pastorale e non politica”. E si abbina alle iniziative poste in atto dal Papa e dal Vaticano per rivitalizzare la società civile e i movimenti popolari: “Mi pare che il Papa sia convinto che serva ricostruire una via dal basso, senza passare per i luoghi tradizionali, in una prospettiva di medio e lungo periodo”.

L’avanzata degli evangelici. In tale prospettiva, secondo La Bella, si deve vedere anche il convegno con i politici latinoamericani, “anche se per altri versi esso è pure tardivo, arriva dopo anni di assenza. Spesso in America Latina i Vescovi si sono trovati a fronteggiare da soli, senza mediazioni, alcune questioni di carattere politico. Certo, si tratta si un appuntamento quanto mai opportuno e interessante”. Anche perché esso arriva dentro una congiuntura culturale e politica particolare: “Alcuni temi, come quello della disaffezione della gente e dell’antipolitica sono diventati globali”. E’ da immaginare, ad esempio, che uno dei temi trattati durante il convegno sarà l’avanzata dei movimenti evangelici di estrema destra, che stanno prendendo piede in vari paesi: si pensi al sindaco di Rio de Janeiro, all’8% conquistato dall’estrema destra in Cile lo scorso 19 novembre, al ruolo di alcuni gruppi evangelici nel far fallire il plebiscito sugli accordi di pace in Colombia, lo scorso anno. “E’ il pendant latinoamericano del fenomeno Trump – spiega lo storico -. Alcuni movimenti neo-pentecostali hanno messo al centro la moralità pubblica. Il cardine è una vera e propria teo-politica”. Se i cattolici guardano al medio e lungo termine, però, il futuro è già domani: il ballottaggio del 17 dicembre in Cile inaugurerà 15 mesi “elettorali” durante i quali si terranno le presidenziali in Messico, Colombia, Brasile, Paraguay, Venezuela e da ultimo Bolivia. “Se in Cile vincerà il candidato di destra – conclude La Bella – immagino che sarà l’avvio di una svolta per tutto il continente. La vera domanda, però, non è sul perché della vittoria della destra, ma sul perché del fallimento della lunga stagione delle sinistre, da Lula in poi. Infine, resta sul continente un altro interrogativo sollevato dal Papa nel recente libro sull’America Latina: l’assoluto indebolimento dell’ideale bolivariano della ‘patria grande’. Tutti i paesi latinoamericani stanno diventando sovranisti, si chiudono nel loro Stato. Ma così, in un mondo globale, sono condannati all’irrilevanza”.

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