Stati Uniti. Domenica 26 novembre Giornata di preghiera per i cristiani perseguitati

I vescovi statunitensi avvertono l’urgenza di una soluzione all’instabilità e alla violenza nella regione mediorientale, consapevoli anche della responsabilità che il governo del Paese ha avuto nella guerra e nella destabilizzazione dell’Iraq e nello stallo delle trattative in Terra Santa. Non solo una Giornata di preghiera, ma anche una settimana di “Solidarietà nella sofferenza” che permetta di approfondire i temi della libertà religiosa e delle persecuzioni in tutto il mondo

(da New York) La Chiesa statunitense ha indetto una “Giornata di preghiera per i cristiani perseguitati”, domenica 26 novembre, in occasione della festa di Cristo Re. Il cardinale Daniel DiNardo, presidente dei vescovi Usa aveva annunciato, già alla plenaria della Conferenza episcopale di Baltimora, lo scorso 13 novembre, l’idea non solo della giornata, ma anche di una settimana di “Solidarietà nella sofferenza” che permetta di approfondire i temi della libertà religiosa e delle persecuzioni in tutto il mondo. Il cardinale ha precisato che l’attenzione alla difficile situazione dei cristiani e delle minoranze, “non significa ignorare la sofferenza degli altri, ma questo concentrarci sui membri più vulnerabili della società, ci dà modo di rafforzare l’intero tessuto sociale e proteggere i diritti di tutti”. L’iniziativa sarà realizzata in collaborazione con i Cavalieri di Colombo, il Catholic Relief Services, la Catholic Near East Welfare Association (Cnewa) e l’Aiuto alla Chiesa che soffre, che ha stilato un rapporto dettagliato sulla situazione dei cristiani perseguitati, soprattutto in Iraq, Siria, Terra Santa e Egitto dal 2015 al 2017.

I vescovi statunitensi avvertono l’urgenza di una soluzione all’instabilità e alla violenza nella regione mediorientale, consapevoli anche della responsabilità che il governo del Paese ha avuto nella guerra e nella destabilizzazione dell’Iraq e nello stallo delle trattative in Terra Santa.

Proprio su questo esortano l’amministrazione ad “esercitare una forte leadership per la soluzione dei due Stati e per una pace giusta” che richiede la cessazione della violenza verso Israele e la fine dell’occupazione israeliana di Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza nella direzione di “uno Stato palestinese riconosciuto a livello internazionale”. Infine non va dimenticata la libertà religiosa e l’accesso ai luoghi sacri per tutte le fedi.

I vescovi insistono poi, a fianco di papa Francesco, sul cessate-il-fuoco e sull’avvio di seri negoziati di pace in Iraq e Siria, “al fine di promuovere la costruzione di società inclusive”. La Conferenza episcopale, dopo vari appelli al Congresso statunitense, chiede che l’approccio degli Usa nella regione non sia solo di tipo militare, ma “olistico, cioè in grado di affrontare il disagio e la disperazione economica, oltre che l’esclusione politica, principali strumenti di reclutamento dell’Isis”.

L’appello dei vescovi contiene anche un forte richiamo alla solidarietà che si traduce in “assistenza umanitaria e allo sviluppo nei Paesi in difficoltà e al contempo in quote di accoglienza per famiglie di rifugiati appartenenti a tutte le religioni ed etnie con una particolare attenzione alle vittime di genocidi e atrocità”.

L’appello incoraggia, inoltre, gli Stati Uniti a sostenere il sistema giudiziario e quello di polizia perché l’autogoverno sia davvero garantito”.

L’ultimo richiamo va ai finanziamenti delle grandi agenzie caritative dai Catholic Relief Services alla Caritas che assicurano il loro aiuto a tutte le comunità, indipendentemente dal loro credo.
L’auspicio per la Giornata di preghiera e per la settimana di formazione è che cresca la consapevolezza di essere unica Chiesa ovunque.

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