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Luci e ombre nel Rapporto sulla salute mondiale, molte le nuove sfide della sanità

Pubblicato il "Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study" (Gbd), ovvero il più più ampio studio epidemiologico osservazionale a livello mondiale. Molte luci e qualche ombra, ma nel complesso la popolazione della Terra migliora l'aspettativa di vita. Il Rapporto aiuta anche a mettere a fuoco le nuove sfide della sanità su cui concentrare gli sforzi nei prossimi decenni: obesità, abuso di sostanze, ipertensione.

Luci ed ombre contraddistinguono l’ultimo rapporto (relativo al 2015) “Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study” (Gbd), a cura del Institute for Health Metrics and Evaluation di Seattle (Usa), pubblicato di recente sulla rivista The Lancet. Come è noto, il Gbd rappresenta attualmente il più ampio studio epidemiologico osservazionale a livello mondiale; esso prende in esame il tasso di mortalità e morbilità (ovvero, il numero dei casi di malattia registrati durante un dato periodo, in rapporto al numero complessivo delle persone prese in esame) relativo alle principali malattie e ai fattori di rischio per la salute, a livello globale, nazionale e regionale. Prendendo in esame i dati tendenziali dal 1990 al presente e comparandoli tra le diverse popolazioni, il Gbd permette così di mettere a fuoco con maggiore chiarezza quali siano le nuove sfide per la salute che la comunità mondiale deve affrontare oggi.
Luci ed ombre, dicevamo, che le conclusioni del Gbd 2015 permettono di riassumere così: dal 1990 ad oggi, assistiamo ad una costante diminuzione dei tassi di mortalità globali, soprattutto grazie ad un diffuso miglioramento dei servizi igienico-sanitari, all’uso massivo di vaccinazioni e all’abbassamento dei livelli d’inquinamento domestico (migliore qualità dell’aria all’interno delle case). A ciò si aggiunge una drastica diminuzione della mortalità da Hiv e da malaria in molti paesi dell’Africa sub-sahariana. Ma questi miglioramenti sono oggi minacciati dal diffondersi di problemi di salute legati ad obesità e iperglicemia (tipici fenomeni del mondo occidentale ed opulento), oltre che all’assunzione di sostanze d’abuso (alcool, stupefacenti, ecc.). Più in dettaglio,

a livello globale, fra il 1980 e il 2015, la speranza di vita è aumentata di circa 10 anni (oggi è prossima ai 72 anni),

con diverse nazioni dell’Africa sub-sahariana che, passo dopo passo, si stanno affrancando dagli elevati tassi di mortalità dovuti all’Hiv/Aids. Basti pensare che in soli dieci anni – tra il 2005 e il 2015 – i tassi di mortalità da Hiv/Aids sono diminuiti del 42 per cento. Altrettanto positivi i risultati degli sforzi messi in campo per contrastare e vincere un’altra malattia infettiva in molti casi letale, la malaria. I tassi di mortalità legata ad essa, infatti, sono diminuiti addirittura del 43 per cento.
Un’altra “luce” confortante del Gbd 2015 è rappresentata dal calo della mortalità legata alla gravidanza, anche se in 24 paesi permangono ancora tassi considerati inaccettabili (oltre 400 decessi per 100.000 nati vivi). Fra questi, spiccano in negativo la Repubblica Centrafricana (1.074 decessi per 100.000 n.v.), Afghanistan (789 per 100.000 n.v.) e la Sierra Leone (696 per 100.000 n.v.).
Anche la mortalità infantile ha fatto registrare una significativa diminuzione: nel 2015 sono deceduti 5,8 milioni di bambini sotto i cinque anni, con un calo del 52 per cento rispetto ai valori del 1990. Meno pronunciata invece è la diminuzione del tasso di decessi neonatali (2,6 milioni nel 2015), che ha segnato un calo del 42 per cento; a dimostrazione del perdurare, in tanti Paesi, di una diffusa difficoltà di assistenza neonatale.
Lo stato di salute delle popolazioni è in gran parte determinato da fattori di rischio, molti dei quali sono controllabili. Ed ecco che, a tal proposito, il rapporto Gbd 2015 lascia brillare un’altra “luce”: dai dati raccolti, risulta infatti che, tra il 1990 e il 2015, l’esposizione globale ai servizi igienico-sanitari non sicuri, all’inquinamento atmosferico domestico, alla denutrizione infantile, è diminuita ancor più del tasso di mortalità. Ma c’è anche un’ “ombra” ad attenuare la soddisfazione per i risultati raggiunti: nello stesso periodo, infatti, l’esposizione a vari fattori di rischio professionali, la diffusione di un indice di massa corporea eccessivo (collegato all’obesità) e l’uso di sostanze di abuso, sono aumentati di oltre il 25 per cento. Sulla stessa scia, altri fattori di rischio – come la cattiva alimentazione e la mancanza di esercizio fisico – si sono incrementati; basti pensare che una patologia come l’ipertensione, da sola, contribuisce per oltre il 9 per cento alla perdita di salute globale; la segue il fumo (6,3 per cento), l’iperglicemia (6,1 per cento) e l’aumento dell’indice di massa corporea (5 per cento).
“Il livello di sviluppo economico è importante,- afferma Christopher Murray, direttore dell’Institute for Health Metrics and Evaluation, che ha coordinato la ricerca -, ma non determina di per sé lo stato di salute della popolazione. Alcuni Paesi hanno migliorato la loro situazione di gran lunga più velocemente di quanto possa essere spiegato da reddito, istruzione, o fecondità. E continuiamo a vedere paesi, Stati Uniti inclusi, che sono molto meno sani di quello che dovrebbero in base alle loro risorse”.
Il quadro globale, nella sua complessità, è dunque abbastanza chiaro: il miglioramento o il peggioramento della salute mondiale non sono certo frutto di casualità o fatalità, ma di scelte politiche e sanitarie globali che richiedono sempre più responsabilità e condivisione tra i popoli.

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