Monti Nuba: la radio “Voice of Peace” lavora per un futuro di pace

Una radio comunitaria, “Voice of Peace”, dal 2010 è attiva nel piccolo villaggio di Gidel ed è una delle nove emittenti che compongono il Catholic Radio Network (Crn), la rete della Conferenza episcopale del Sudan, l’unica in territorio sudanese. Una radio che si spende per la pace in un'area, i Monti Nuba, al confine tra Sudan e Sud Sudan, al centro di una delle guerre più lunghe e dimenticate del Continente africano

Le popolazioni dei Monti Nuba al confine tra Sudan e Sud Sudan sono al centro di una delle guerre più lunghe e dimenticate del Continente africano. Nel piccolo villaggio di Gidel, dal 2010, è attiva “Voice of Peace” una radio comunitaria che non si stanca di lavorare per costruire un futuro di pace.

“Voce di pace”. Chissà se chi ha dato questo nome alla piccola radio cattolica di Gidel in Sudan pensava ad un auspicio o ad una missione. Forse ad entrambe. La radio di Gidel è una delle nove emittenti che compongono il Catholic Radio Network (Crn), la rete della Conferenza episcopale del Sudan, l’unica in territorio sudanese. Una zona che dagli anni Ottanta è al centro di uno dei conflitti più lunghi e dimenticati del Continente africano. “A Gidel abbiamo un esempio di cosa debba essere una radio comunitaria perché in un posto così isolato dal mondo, come i Monti Nuba, riesce ad andare avanti contando solo sulle proprie forze. Una radio della comunità per la comunità”, racconta Enrica Valentini, direttrice del Crn appena rientrata da Gidel. “Da due anni sono alla guida del network che ha sede a Juba – aggiunge Valentini – ma non ero ancora riuscita ad andare sui Monti Nuba a causa dei continui bombardamenti da parte dell’esercito sudanese: bombe che non hanno risparmiato, in questi anni, la missione e l’ospedale. Fortunatamente a partire da maggio la situazione sembra essere migliorata rendendo possibile il mio viaggio”.

Ancora guerra. I Monti Nuba sono al centro di una guerra a bassa intensità, che vede i miliziani locali, attualmente raggruppati sotto la sigla del Splm-N, opposti al governo centrale di Karthoum. Le popolazioni “nere” di questa zona collinare, in prevalenza abitata da cristiani, hanno lottato a lungo per ottenere l’indipendenza unendosi alla guerra che per vent’anni ha contrapposto il Nord e il Sud. Una guerra conclusa con l’indipendenza del Sud Sudan. Ma, esattamente cinque anni fa, nel gennaio 2011, mentre la popolazione del Sud Sudan festeggiava l’esito positivo del referendum per l’indipendenza, le popolazioni dei Monti Nuba iniziavano una nuova, difficile pagina della loro storia. Il nuovo confine tra i due Paesi cadeva infatti più a Sud, lungo la linea di demarcazione tra i due Sudan tracciata dagli inglesi, e della consultazione popolare promessa nel 2005 alla firma degli accordi di pace non se ne fece più nulla. Da allora i ribelli hanno ripreso le armi mantenendo il controllo delle regioni del Sud Kordofan e del Blue Nile, al confine con il Sud Sudan, e l’esercito ha ripreso i bombardamenti aerei condannando la regione all’isolamento.

Punto di riferimento. Sono 70mila i Nuba scappati alle violenze e accolti nel campo profughi di Yida in Sud Sudan. È da qui che Enrica Valentini ha iniziato il suo viaggio per raggiungere Gidel. “Non c’è altra via per entrare nei Monti Nuba – racconta – se non quella di passare dal Sud Sudan e percorrere in jeep le circa sette ore necessarie ad arrivare al villaggio. È da questa strada che arrivano la gran parte delle merci che si trovano nella zona. Una via che è praticabile solo nella stagione secca”. I Monti Nuba rientrano nella diocesi sudanese di El-Obeid, ma al vescovo locale è impedito l’accesso a causa della guerra. Ad occuparsi dei Nuba è così il vescovo emerito di El-Obeid, monsignor Macram Max Gassis, che grazie al sostegno di organizzazioni umanitarie e benefattori sostiene tutte le principali attività pastorali, sociali ed educative della zona. “La radio è attiva dal 2010 – continua la direttrice del Crn – e raggiungere una popolazione di circa 150mila persone in un raggio di 70 chilometri.

Voice of Peace è diventata in questi anni un vero e proprio punto di riferimento non solo per le notizie, con notiziari in inglese, arabo e in tre lingue locali, ma anche per i programmi di alfabetizzazione, sanità, educazione civica e per l’accompagnamento pastorale”.

La speranza è che questa emittente possa arrivare un giorno a raccontare, finalmente, il raggiungimento della pace, ma i colloqui in corso da Addis Abeba tra governo e ribelli sembrano oggi ad un punto morto. Una situazione su cui pesa anche il conflitto interno al vicino Sud Sudan. “Purtroppo la sensazione – conclude Valentini – è che i bombardamenti possano riprendere da un momento all’altro”. Nonostante questo i giornalisti di radio Voice of Peace continuano a parlare, di pace.

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