Giusta gioia, anche se velata

La vigilia di questo Natale 2022 coincide esattamente con la tragica ricorrenza del decimo mese dalla barbara invasione dell'Ucraina: una lunga scia di sangue - morti e feriti da ambo le parti - e di distruzioni, mirate a mettere in ginocchio un popolo intero nella sua terra. Un evento che ha sconvolto e continua a sconvolgere la vita degli ucraini e pure di quanti li aggrediscono (non di rado recalcitranti verso una "operazione speciale" indegna persino del nome di "guerra" - tanti sono i crimini contro l'umanità perpetrati e documentati), e pure tutti noi europei e italiani, ma con conseguenze indirette su tutto il pianeta. In altri tempi - in guerre non meno micidiali - si proclamava una "tregua di Natale".

(Foto Siciliani - Cristian Gennari/SIR)

La vigilia di questo Natale 2022 coincide esattamente con la tragica ricorrenza del decimo mese dalla barbara invasione dell’Ucraina: una lunga scia di sangue – morti e feriti da ambo le parti – e di distruzioni, mirate a mettere in ginocchio un popolo intero nella sua terra. Un evento che ha sconvolto e continua a sconvolgere la vita degli ucraini e pure di quanti li aggrediscono (non di rado recalcitranti verso una “operazione speciale” indegna persino del nome di “guerra” – tanti sono i crimini contro l’umanità perpetrati e documentati), e pure tutti noi europei e italiani, ma con conseguenze indirette su tutto il pianeta. In altri tempi – in guerre non meno micidiali – si proclamava una “tregua di Natale”. Chissà se gli aggressori, anzi l’Aggressore – egli stesso “cristiano” e frequentatore ufficiale di chiese – avrà l’intuizione e l’ardire di proclamarla o …invocarla! Ma non è solo di una tregua che c’è bisogno in quell’insensato conflitto. Il pianto di papa Francesco, ancora supplichevole fiducioso, davanti alla statua dell’Immacolata in piazza di Spagna, mi ha ricordato le parole angosciate di Paolo VI per quel tremendo assassinio che ha segnato la nostra storia 44 anni fa: “E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo Uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla Fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita” (13 maggio 1978). Parole che ripetiamo per le decine di migliaia di morti di questa carneficina. Così la preghiera della Chiesa italiana del 21 dicembre che si eleva a Bari nella basilica di S. Nicola (il “vincitore”), tanto venerato da russi e ucraini insieme, e tutte le altre suppliche nel mondo non sembrano bastare.
Eppure, in questo tempo, per quanto appaia stonato, viviamo almeno qui (pur con un mesto sottofondo nel cuore) il Natale con gioia: inevitabile e anche giusto! Tutti i segni di festa esteriore vanno colti con letizia e verità perché sono quelli di una festa speciale. Sì, è vero, a volte o spesso, le manifestazioni esteriori ne surclassano abbondantemente la sacralità, non di rado dimenticata o, più o meno velatamente, sottaciuta o negata. Ma tutti sanno a cosa si debbano queste “feste”, queste vacanze, questi regali, queste riunioni conviviali familiari. Anche i tiepidi o i non credenti possono lasciarsi commuovere da un canto o da un concerto natalizio, da un dono ricevuto inaspettato da persone sincere senza la necessità del contraccambio (fin troppo di maniera). Dal Natale all’Epifania, con i festosi regali ai bambini e non solo (date anticipate in qualche tradizione al 6 dicembre – appunto S. Nicola! – o al 13 – S. Lucia -) è un’esplosione di gioia, di condivisione, di commozione. Le tante iniziative di ogni genere, coreografiche, musicali, artistiche, culturali, sportive, dicono sicuramente qualcosa a tutti, anche a quanti – per usare un’espressione resa popolare da una recente serie cinematografica girata a Chioggia, ma non così rara nel cuore e sulle labbra di alcuni – “odiano il Natale” perché in contrasto con una certa vita quotidiana, in quanto troppo festoso o troppo esigente. Ma addirittura anche proprio a queste persone auguriamo che, paradossalmente, cogliendone il movente spirituale interiore, ne apprezzino anche quello esteriore – forse in sé troppo chiassoso e vincolante – nei segni più semplici della vicinanza e dell’affetto reciproco. Senza dimenticare chi non ha proprio la possibilità di gioire in questo tempo, se non sperando e provando a pregustare una pace vera.

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