Progetto Orientamento Giovani: tre giorni alternativi tra i banchi di scuola. Rolli: “Aiutare i giovani a riconoscere chi sono”

Il progetto consiste in tre giornate in cui il team di educatori accompagna gli studenti in un’avventura fatta di formazione, riflessioni, giochi, video ma soprattutto condivisione, elemento cardine in un’epoca in cui il virtuale si sostituisce al reale

Al tempo dei greci Instagram, Facebook e YouTube ancora non esistevano ma i primi veri influencer della storia hanno le loro radici proprio lì, tra quelle pagine impolverate di letteratura classica. A caratteri cubitali sul tempio di Apollo a Delfi primeggiava l’esortazione “Conosci te stesso”, una frase che senza dubbio per la sua potenza mediatica oggi avrebbe milioni di like. Un incoraggiamento a indagare dentro di sé, ad agganciare una riflessione profonda per scoprire che l’essenza della vita è dentro e non fuori di noi. “Chi sono? Dove sono? Dove vado? Come vado?”: è su queste domande che il Pog (Progetto orientamento giovani) ha iniziato a costruire un percorso di orientamento per gli studenti che si preparano ad affrontare l’esame di Stato, un passaggio della giovinezza fin troppe volte sottovalutato, perché non si tiene conto della complessità del suo significato. L’esame di maturità non dovrebbe essere solo il momento in cui verificare la preparazione dei candidati al proprio percorso di studi, dovrebbe poter garantire ai ragazzi la possibilità di aver imparato a porsi queste domande esistenziali, a sviluppare un pensiero critico. “Trovare la convergenza globale per un’educazione che sappia farsi portatrice di un’alleanza tra tutte le componenti della persona: tra lo studio e la vita” esorta Papa Francesco.

È su questo “vuoto” che il Pog nasce ed entra in aula rompendo gli schemi di una didattica a volte troppo ingessata, distante dai ragazzi e da tutto quel mondo interiore che si agita nell’età dell’adolescenza. Il progetto consiste in tre giornate in cui il team di educatori accompagna gli studenti in un’avventura fatta di formazione, riflessioni, giochi, video ma soprattutto condivisione, elemento cardine in un’epoca in cui il virtuale si sostituisce al reale.

La prima cosa che accade quando si entra in classe è lo spostamento dei banchi in fondo all’aula e la sistemazione dei ragazzi in circolo, una dinamica semplice ma che avviene sempre con un leggero sottofondo di commenti imbarazzati nel ritrovarsi occhi negli occhi. Come spiega Giuseppe Rolli, tra i fondatori del Pog, tutto è nato intorno a un tavolo in una cena tra amici che hanno cercato di rispondere alla domanda: “Come si può dare una parola di speranza, di bellezza e di possibilità ai ragazzi? Quella sera – racconta – è nato il Pog. L’incipit è stato ricordarci come eravamo noi alla loro età, disorientati sicuramente. Oggi riconosciamo dei talenti che forse all’epoca avevamo anche paura di guardare, da qui è nata la forza di voler testimoniare ai ragazzi proprio questo, di non vergognarsi di ciò che hanno, di riconoscere i propri talenti e anche i limiti. Sono pieni di persone che gli dicono cosa devono fare, la nostra idea non è dirgli cosa fare o meno ma aiutarli a riconoscere chi sono perché questo gli permetterà veramente di fare centro nella loro vita”.

Una conferma arriva anche da Francesco, uno studente del liceo Volterra di Roma che ha partecipato al progetto: “Il Pog ci ha stimolato. Di solito i professori ci mettono dentro solo informazioni, loro invece riescono a tirarti fuori qualcosa che tu hai dentro. Dopo tre giorni la nostra classe è rimasta molto colpita. Si dice sempre che i giovani stanno solo sul cellulare e non hanno voglia di fare nulla, non è vero, abbiamo bisogno solo di essere stimolati e sapere che ognuno di noi può tirare fuori qualcosa di bello”.

E il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Lorenzo Fioramonti, nell’incontro con gli studenti di Tor Bella Monaca avvenuto nei giorni scorsi, ha sottolineato l’importanza di quelle ore che si passano dietro i banchi: “Il punto forte della scuola è che è una comunità. Questa è la cosa più bella della scuola, l’idea che si possa costruire una comunità. Le amicizie che fate oggi forse vi accompagneranno per tutta la vita. Abbracciate le vostre debolezze, che non siano un elemento di vergogna ma che siano una pedana di lancio per diventare veramente i leader del presente e del futuro. L’imperfezione è parte della genialità”.

Altri articoli in Italia

Italia

Informativa sulla Privacy