Terzo settore. Uneba lancia l’allarme: “La riforma rischia di penalizzare i nostri assistiti”

No all'aumento dell’Iva alle fondazioni. Più tempo per l'adeguamento degli statuti. Sono le richieste di Uneba, associazione di categoria del non profit, che oggi ha presentato a Roma il suo “Vademecum riforma Terzo settore”

Come cambierà nei prossimi mesi la vita quotidiana di realtà che, grazie al lavoro di decine di migliaia di dipendenti, sono un pilastro del sistema sociosanitario italiano? Il 3 agosto 2017 è entrato in vigore il Codice del Terzo settore (Cts), che con il decreto correttivo con modifiche e integrazioni entrato in vigore l’11 settembre 2018 riordina tutta la normativa in materia e istituisce, tra l’altro, il Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Entro il 3 agosto di quest’anno gli enti non profit dovranno adeguare i propri statuti al Cts. Ma Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale), la più rappresentativa e radicata organizzazione di categoria del settore sociosanitario, assistenziale e educativo, che raccoglie sul territorio nazionale circa 900 enti prevalentemente non profit di ispirazione cristiana, lancia un allarme:

la riforma del Terzo settore rischia di penalizzare chi riceve assistenza domiciliare.

Il timore è un aumento dei costi per i cittadini, perché le nuove norme in materia di Iva penalizzano le ex Ipab (Istituti pubblici di assistenza e beneficenza, ndr) che svolgono questi servizi e che, oggi fondazioni o enti privati, con la riforma potranno diventare enti del Terzo settore o imprese sociali.

“Guardiamo con favore a questa riforma e alla sua attuazione, che abbiamo seguito fin dai suoi primi passi – afferma il presidente di Uneba Franco Massi, in occasione della presentazione, oggi nella sede dell’Acri a Roma, di un Vademecum sulla riforma del Terzo settore realizzato dall’associazione -. Abbiamo rilevato nel tempo alcune criticità che abbiamo risolto attraverso l’interlocuzione con le forze politiche e con i governi, attuali e precedenti. Ad esempio un primo impegno è stato quello per la revisione dell’aumento dell’Ires, per il quale si è mobilitato un ampio fronte del Terzo settore e che è momentaneamente risolto, o per l’estensione alle ex Ipab privatizzate della possibilità di trasformarsi in impresa sociale”. “Chiediamo e chiederemo ancora al governo semplificazione, chiarezza e certezze delle norme”, conclude Massi esprimendo preoccupazione per la questione Ires, non ancora risolta in maniera definitiva, e annunciando due nodi ancora da sciogliere.

Il primo, dice Marco Petrillo, vicepresidente Uneba Lombardia e curatore del vademecum, “è l’aumento dell’Iva al 22% per le fondazioni che svolgono attività come l’assistenza domiciliare, che penalizza le persone che beneficiano del servizio e gli enti rispetto alle cooperative. Di qui la richiesta di

esenzione Iva per tutti gli enti che saranno iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

Una fondazione ex onlus che svolge anche assistenza domiciliare o di trasporto di persone con disabilità, spiega il curatore del vademecum, oggi beneficia dell’esenzione Iva per queste attività. Con l’entrata in vigore della riforma dovrà trasformarsi in Ets e applicare a queste attività l’Iva del 22%, come prevede il Cts, ma questo aggravio di costi si tradurrà inevitabilmente in aumento di costi per gli utenti. E a subire lo stesso aumento Iva dallo 0% al 22% saranno, aggiunge, prestazioni sanitarie di ricovero e cura erogate da case di cura, ospedali, cliniche e società di muto soccorso; prestazioni educative e didattiche all’infanzia e ai giovani; attività di formazione, aggiornamento e riqualificazione professionale”, mentre le cooperative conservano “il regime Iva agevolato al 5% per le stesse attività”. Insomma,

con l’Iva al 22% le fondazioni rischiano di finire fuori mercato.

Il secondo nodo riguarda invece la richiesta alle Onlus di adeguare i propri statuti alla riforma entro il 3 agosto 2019, quando però non sarà ancora entrato in vigore il Registro unico nazionale. Da Massi e Petrillo la richiesta di

ancorare l’obbligo di adeguamento degli statuti all’entrata in funzione del Registro unico.

“Anche se deve essere completata mediante la pubblicazione dei decreti attuativi ancora mancanti, la riforma ha finalmente razionalizzato le diverse leggi che avevano normato il settore dagli anni ’90 sovrapponendosi in modo non efficace” e “aiuterà ad incamminarsi su un indispensabile percorso di trasparenza e auto rendicontazione”, osserva Giuseppe Guzzetti, presidente Acri, facendo gli onori di casa. La riforma, aggiunge, “è

un riconoscimento del ruolo strategico che il Terzo settore svolge nel Paese.

Siete voi – dice rivolgendosi ai rappresentanti delle realtà presenti in sala – che concretamente presidiate la situazione sociale dando risposte laddove lo Stato non arriva”.

“La riforma ci mette in gioco rispetto alle grandi sfide sociali del Paese di fronte alle quali il Terzo settore ha sempre svolto ruoli di compensazione” ma “ci pone anche di fronte alla sfida di un welfare e di un modello di sviluppo economico e sociale differente” dandoci “strumenti definitori – chi sta dentro il Terzo settore e chi sta fuori – e strumenti di agevolazione fiscale e accesso alle risorse”, sostiene Claudia Fiaschi, portavoce Forum Terzo settore, che domani parteciperà per la prima volta alla cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio. Importante, chiosa, l’impegno per trasparenza a rendicontazione. In discussione domani a Palazzo Chigi, tra l’altro, “il decreto che disciplina le attività secondarie e le linee guida per il bilancio sociale”. Rimane la preoccupazione sulla questione Ires, “risolta solo temporaneamente”.

Per Alessandro Lombardi, direttore generale dell’Ufficio Terzo settore del ministero del Lavoro e politiche social, la riforma riconosce il ruolo degli enti degli Ets “non più in posizione subordinata al pubblico, bensì paritetica”, si basa su “un approccio di tipo partecipativo, prevede una forte salvaguardia della libertà dei corpi intermedi e punta sulla responsabilizzazione degli enti. Stiamo creando relazioni di fiducia”.

Le 130 pagine del vademecum spiegano agli enti – anzitutto a quelli che offrono servizi ad anziani, persone con disabilità, minori fragili – a quali condizioni e con quali modalità trasformarsi in Ets o impresa sociale come richiesto dalla riforma. Ulteriori approfondimenti riguardano enti religiosi, sistema di controlli, fiscalità, aspetti contabili e di bilancio, novità per il mondo del lavoro.

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