I sindaci contro il blocco dei fondi per la riqualificazione delle periferie fino al 2020: “Si ruba la speranza di vivere in città migliori”

Decaro, con una delegazione di venti sindaci, è stato ascoltato dalla prima e dalla quinta commissione della Camera, in forma unita per l'occasione, su tutte le questioni che nel cosiddetto decreto milleproroghe riguardano la vita dei comuni. Ma in primo piano c'era soprattutto quell'emendamento approvato in una notte d'agosto al Senato (un “furto con destrezza”, lo ha definito il presidente dell'Anci) che “congela” i fondi stanziati per le periferie: 1,6 miliardi di euro ai quali vanno aggiunti 1 miliardo e 100 milioni di co-finanziamenti pubblici e privati, destinati a 326 Comuni in cui risiedono quasi venti milioni di italiani. In molti casi, avverte Decaro, i lavori sono già iniziati e in alcuni praticamente finiti

“Siamo pronti a presentarci a Palazzo Chigi per consegnare in segno di protesta le nostre fasce tricolori e avremo idealmente dietro di noi i venti milioni di cittadini ai quali si vuole rubare la speranza di vivere in città e in paesi migliori”. E’ il primo cittadino di Bari e presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci), Antonio Decaro, a farsi voce della protesta dei sindaci contro il blocco fino al 2020 dei fondi per la riqualificazione delle periferie. Una misura varata dai governi Renzi e Gentiloni ma attesa da lungo tempo, al di là delle collocazioni politiche o geografiche, per le grandi implicazioni sociali del provvedimento.

Decaro, con una delegazione di venti sindaci, è stato ascoltato dalla prima e dalla quinta commissione della Camera, in forma unita per l’occasione, su tutte le questioni che nel cosiddetto decreto milleproroghe riguardano la vita dei comuni. Ma in primo piano c’era soprattutto quell’emendamento approvato in una notte d’agosto al Senato (un “furto con destrezza”, lo ha definito il presidente dell’Anci) che “congela” i fondi stanziati per le periferie: 1,6 miliardi di euro ai quali vanno aggiunti 1 miliardo e 100 milioni di co-finanziamenti pubblici e privati, destinati a 326 Comuni in cui risiedono quasi venti milioni di italiani. In molti casi, avverte Decaro, i lavori sono già iniziati e in alcuni praticamente finiti. Quantomeno i Comuni hanno già speso per la progettazione esecutiva che doveva essere completata entro agosto. Del resto, nello scorso dicembre erano state solennemente firmate a Palazzo Chigi le convenzioni relative ai progetti esaminati e validati e quindi gli enti locali avevano avviato le procedure di attuazione.

“Il blocco dei finanziamenti – sostiene Decaro – è illegittimo sotto il profilo formale e irragionevole sotto quello sostanziale”. Per questo, se l’emendamento non verrà modificato dalla Camera nel secondo passaggio parlamentare del decreto – ed è quanto l’Anci chiede e auspica – i sindaci faranno valere le loro ragioni a tutti i livelli, dal Tar alla Corte Costituzionale, senza trascurare ogni altra forma di mobilitazione democratica.

La storia dell’emendamento contestato è comunque surreale fin dalle modalità della sua approvazione: voluto dalle forze di governo (quello attuale) e tuttavia votato per errore anche dai senatori del Pd, che sostengono di essere stati tratti in inganno dalla formulazione della norma. La questione è oggettivamente complessa. C’è di mezzo anche una sentenza della Corte Costituzionale, la n.74 di quest’anno, dietro cui si trincerano i partiti di maggioranza. In realtà la sentenza, provocata da un ricorso del Veneto per la mancata intesa con le regioni nelle materie di competenza “concorrente” con lo Stato, investirebbe eventualmente la prima tranche di finanziamenti, che riguarda progetti su cui il blocco non avrà invece conseguenze. I Comuni, peraltro, contestano il fatto stesso che le decisioni sui progetti per le periferie siano di competenza “concorrente” Stato-regioni (e in quanto tali, sia pur parzialmente, toccati dalla sentenza della Consulta) e ricordano che in ogni caso la situazione sarebbe stata facilmente sanabile con un’intesa successiva, come lo stesso governo Conte ha provveduto a fare in altri casi recenti.

Un altro aspetto di polemica più strettamente politica tocca la provenienza e la destinazione dei fondi.

La maggioranza sostiene che con lo stesso decreto milleproroghe viene finanziato un intervento per consentire ai Comuni di spendere gli avanzi di bilancio, attualmente bloccati dai vincoli del “patto di stabilità”.

Provvedimento molto importante, ma per il quale sono state appunto utilizzate le risorse destinate in origine alle periferie, che però – osserva l’Anci – erano risorse aggiuntive trasferite dallo Stato ai Comuni e non soldi già appartenenti ai Comuni, come nel primo caso. E qui si innesta un ulteriore elemento di contesa. Dal governo dicono che consentendo di utilizzare gli avanzi di bilancio si premiano i Comuni virtuosi, ma è tutto da dimostrare che siano virtuosi gli amministratori che non riescono a spendere (oculatamente) i fondi a disposizione. Insomma, uno scontro a tutto campo.

Se la questione sarà risolta per via politica o finirà davanti ai giudici, lo si saprà presto. I tempi parlamentari sono strettissimi. Il “decreto milleproroghe”, infatti, dev’essere convertito in legge entro il 23 settembre e la modifica dell’emendamento della discordia alla Camera comporterebbe un ulteriore passaggio in Senato. I sindaci, intanto, si fanno sentire. “Sono sbalordito: non sono un politico di professione, vengo dal mondo normale dove i contratti si rispettano”, dice il primo cittadino di Padova, Sergio Giordani. “E’ una situazione paradossale che rappresenta un gravissimo precedente di rottura tra gli organi dello Stato”, aggiunge il sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto. Il suo omologo di Chieti, Umberto Di Primio, parla di “un atto ritorsivo” riferendosi al fatto che molti dei Comuni interessati non sono guidati dalle forze attualmente al governo. “Ma noi – sottolinea – non siamo membri di una sétta, siamo i rappresentanti del popolo, eletti direttamente dai cittadini. Il danno che si sta facendo riguarda tutto il Paese”.

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