Embraco: la Chiesa di Torino non lascia soli i lavoratori

Da 50 anni a questa parte la storia della Chiesa torinese è tutta di "vicinanza": cominciò il cardinale Pellegrino con la visita alla "tenda rossa" dei metalmeccanici torinesi nel 1973; lui e il suo successore cardinale Ballestrero furono sempre vicini ai lavoratori nei momenti più difficili delle vertenze Fiat; il cardinale Saldarini ricordò, al Convegno nazionale di Palermo (1995) che i cattolici non potevano essere usati solo come "infermieri della storia". E il cardinale Poletto spese con forza le sue energie, al tempo della grande crisi Fiat di inizio millennio. In questi anni dal 2010 è toccato a Nosiglia riprendere in mano i fili di questa vicinanza concreta, ben sapendo che le condizioni sono sempre più difficili

Come si fa a non esserci, come si fa a tacere? Di fronte a una crisi del lavoro che non conosce tregua la Chiesa torinese ha scelto da tempo la “vicinanza” con il mondo del lavoro. La vicenda più recente è anche forse quella più clamorosa: la Embraco ha avviato a gennaio la procedura di licenziamento di 497 dipendenti nello stabilimento di Riva presso Chieri. E, diversamente da come è accaduto tante volte in passato, la decisione ha provocato reazioni a tutti i livelli, dal territorio chierese alla Regione Piemonte, al governo di Roma, alla Commissione di Bruxelles. Perché non c’erano motivi per chiudere: la produzione di Embraco (compressori) andava bene, non c’erano problemi di mercato; gli utili del gruppo in Europa sono aumentati ancora nel 2016. La reazione generale – a Chieri, a Torino, a Roma, a Bruxelles – ha indotto i dirigenti della multinazionale a scendere a trattative, sul cui esito però non scommette nessuno. Gli stipendi saranno pagati fino a fine anno, e intanto si vedrà come procedere.

La “notizia”, però, non è la chiusura di una fabbrica per motivazioni “disumane” (come le ha definite lo stesso arcivescovo Nosiglia), ma la reazione del territorio.

Dopo decenni la protesta non è stata segnata dalla rassegnazione, e da prospettive “assistenziali”.

Il sindacato e la Chiesa hanno appoggiato in ogni modo i lavoratori (le istituzioni sono arrivate un po’ dopo): l’arcivescovo Nosiglia era davanti ai cancelli a gennaio; papa Francesco ha ricevuto una delegazione il 7 febbraio. E martedì scorso il duomo di Chieri ha ospitato una Veglia di preghiera cui hanno partecipato i lavoratori Embraco con le loro famiglie, i dipendenti di altre fabbriche in crisi e molti rappresentanti delle comunità cristiane locali. C’era anche, al pulpito, un lavoratore di Comital di Volpiano: altra fabbrica con un mercato positivo, che rischia la chiusura per i “giochi” finanziari in cui è stata fatta precipitare. Nella Veglia l’arcivescovo ha ricordato che questa vicinanza è la missione stessa della Chiesa: non si tratta solo di “consolare”, ma di porre gesti concreti di solidarietà, e di tenere all’erta l’opinione pubblica su una problematica che, nell’area torinese, sembra non finire mai.

Dietro a Embraco e Comital in questi giorni si profila il tracollo di Italiaonline: 248 esuberi annunciati, 241 dipendenti trasferiti a Milano (e si sa che, di fronte al trasferimento, il 40% circa dà le dimissioni…). Italionline non è un’azienda qualsiasi: è il nome di quel che era Seat, fino agli anni Novanta una “macchina da soldi”, editore di Pagine Gialle e di molte altre pubblicazioni di servizio. Un colosso che, negli ultimi decenni, ha fatto gola a multinazionali e direttori finanziari delle case editrici, che hanno svuotato dall’interno il patrimonio di documentazione e risorse umane, senza avviare mai sul serio i necessari investimenti in tecnologia.

Non è compito della Chiesa, ha ricordato mons. Nosiglia martedì 6 marzo nel duomo di Chieri, cercare o dettare le soluzioni tecniche per risolvere le crisi. Ma

è dovere delle comunità cristiane sia la vicinanza solidale con le famiglie colpite sia la denuncia doverosa di comportamenti e strategie aziendali e finanziarie che non rispettano alcun quadro di valori, se non il prodotto immediato (e spesso miope) di investitori e azionisti.

A una lettura precisa e consapevole della realtà la Chiesa torinese è giunta, in questi ultimi anni, attraverso un lavoro continuo di ricerca, confronto, dibattito con le istituzioni e le forze sociali. L’arcivescovo Nosiglia ha speso grandi energie, sue e della diocesi, nel progetto delle “Agorà del sociale”, momenti forti di confronto cui sono state chiamate tutte le istituzioni, e che hanno rilanciato le iniziative per scambi concreti di informazioni in vista di promuovere le opportunità di lavoro, giovanile e non solo.

Ma da 50 anni a questa parte la storia della Chiesa torinese è tutta di “vicinanza”: cominciò il cardinale Pellegrino con la visita alla “tenda rossa” dei metalmeccanici torinesi nel 1973; lui e il suo successore cardinale Ballestrero furono sempre vicini ai lavoratori nei momenti più difficili delle vertenze Fiat; il cardinale Saldarini ricordò, al Convegno nazionale di Palermo (1995) che i cattolici non potevano essere usati solo come “infermieri della storia”, proprio per sottolineare un ruolo attivo e consapevole nelle vicende che coinvolgono persone e famiglie. E il cardinale Poletto spese con forza le sue energie, al tempo della grande crisi Fiat di inizio millennio, per facilitare ogni possibile tavolo di confronto tra azienda, istituzioni, parti sociali.

La posta in gioco, negli anni più recenti, è stata proprio quella di contribuire ad evitare un clima di scontro sociale, di diffidenza reciproca.

La città che fu capace di affrontare e superare gli anni di piombo non poteva essere ancora provata da stagioni di lotta e di divisione.

In questi anni dal 2010 è toccato ancora a Nosiglia riprendere in mano i fili di questa vicinanza concreta, ben sapendo che le condizioni sono sempre più difficili: alle crisi “particolari” si aggiunge lo spettro di un abbandono ancor più esplicito di Fiat-Fca dal proprio impegno torinese; una prospettiva da scongiurare, e in cui comunque la città non può essere lasciata sola.

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