Ius soli, don Colmegna (Casa della carità): “Porre la fiducia e approvare la legge entro fine legislatura”

Don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità, auspica al Sir che la legge sulla riforma della cittadinanza sia approvata entro la fine della legislatura. Oggi era in piazza Montecitorio a Roma, durante la conferenza stampa in occasione della consegna alla Camera dei deputati di oltre 85.000 firme raccolte tramite la campagna "Ero straniero - L'umanità che fa bene", promossa insieme ad Emma Bonino e i Radicali,  Acli, Centro Astalli, Arci, Argi, Cnca, Cild, con il sostegno di centinaia di sindaci e associazioni

“Porre la fiducia sullo ius soli significa dare un segnale, anche perché i tempi sono stretti”. Don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità, spera vivamente che la legge sulla riforma della cittadinanza sia approvata entro la fine della legislatura. Oggi era in piazza Montecitorio a Roma, durante la conferenza stampa in occasione della consegna alla Camera dei deputati di oltre 85.000 firme raccolte tramite la campagna “Ero straniero – L’umanità che fa bene”, a sostegno di una legge di iniziativa popolare per cambiare le politiche sull’immigrazione, superare la Bossi-Fini e prevedere vie legali d’ingresso. Sei mesi di raccolta firme con oltre 4.000 stand in tutta Italia. Una campagna trasversale promossa insieme ad Emma Bonino e i Radicali, Acli, Centro Astalli, Arci, Argi, Cnca, Cild, con il sostegno di centinaia di sindaci e associazioni. Anche il Vicariato di Roma e la Fondazione Migrantes hanno inviato una lettera alle parrocchie romane invitandole a partecipare: sono state raccolte oltre 1.500 firme. “E’ stato un percorso entusiasmante – ha detto don Colmegna -. Vogliamo cambiare la narrazione sull’immigrazione, far capire che è un patrimonio ed una esperienza positiva”.

Don Colmegna, si riuscirà ad approvare la legge sullo ius soli entro la fine della legislatura? Magari chiedendo la fiducia?

Io lo spero vivamente. Porre la fiducia significa dare un segnale, anche perché i tempi sono stretti. La riuscita della nostra campagna dimostra che se alla gente presenti bene i problemi, comprende e partecipa. Il nostro tessuto di solidarietà è intelligente, sapiente, non è buonista. E’ capace di guardare i problemi, di non accettare le mistificazioni. Vogliamo dare un grande messaggio di coesione sociale, di partecipazione, di cittadinanza attiva, di senso. E’ una sfida che poniamo alla politica nel senso più complesso. Vinta questa battaglia di raccolta firme invitiamo i parlamentari ad impegnarsi sul tema. Perché una proposta mediata, attenta, con lo ius culturae, rimette in moto anche la scuola.

Durante la campagna avete incontrato molte resistenze?

Abbiamo girato tantissimo confrontandoci con la gente, siamo andati davanti alle parrocchie, nelle piazze.

La gente ha paura perché è in atto una propaganda strumentale e si confonde il tema dello ius soli con i bimbi che arrivano sui barconi. E’ stata una grande mistificazione.

Lo sforzo che facciamo su tutto il tema migratorio è riuscire a narrare in modo diverso. Dobbiamo cercare di spiegare bene e trasformare il messaggio, comprendendo il valore della persona in quanto tale. E’ giusto che la nostra cultura ispirata da Papa Francesco abbia una incidenza politica con la P maiuscola.

La campagna è partita un po’ in sordina invece il successo è andato al di là delle aspettative.

Sì siamo stati travolti dalle firme. Ci siamo fermati ieri sera perché ne arrivavano ancora. La gente si è mossa, anche i sindaci hanno partecipato molto. Solamente a Milano siamo stati in più di 72 posti: parrocchie, piazze, assemblee.

Il nostro messaggio come società civile non è strumentalizzabile: noi vogliamo combattere l’irregolarità, dare prospettive di lavoro e di cittadinanza, cambiare i canali d’ingresso,

rimettere in gioco una società attiva anche in relazione ai problemi di cura delle famiglie. Anche tanti giovani si sono coinvolti, organizzando banchetti nelle università. Il nostro messaggio non è stato letto ideologicamente nel senso “accogliamo tutti”, “non accogliamo nessuno”.

Quali saranno i prossimi passi?

Cercheremo di mantenere questo livello di unitarietà profonda e di continuare a narrare le esperienze, ossia questo patrimonio “altro” di culture. Cambiare la narrazione dell’immigrazione era infatti uno degli obiettivi della campagna. L’altro è il cambiamento della legge, che resterà in eredità nella prossima legislatura.

In un Paese che non capisce la distinzione tra ius soli e bambini che arrivano con i barconi è stata compresa la proposta di cambiare la legge Bossi-Fini?

Sì è stata recepita e ha messo in moto molte persone che vedevano sulla strada immigrati irregolari dopo essere stati accolti per mesi. Bisogna far vedere che esiste un tessuto solidale ed è importante. L’immigrazione non è una emergenza, è un fenomeno strutturale; è un patrimonio, e questo va annunciato portando dentro la cultura della legalità. La conquista più grande è comprendere che la solidarietà produce legalità e la legalità è dentro il messaggio di solidarietà e non viceversa.

Papa Francesco, parlando della campagna in più occasioni, vi ha dato un grosso aiuto.

Certamente ci ha aiutato e sempre ci anticipa. In questa iniziativa c’è dentro un pezzo della sua profezia che ci ha entusiasmato: “Ero straniero” è nata da un tessuto biblico che abbiamo messo a fondamento di un patrimonio con culture diverse: ci si può distanziare su altri temi ma su questo obiettivo c’è stata unitarietà di fondo.

Credo sia un messaggio anche alla politica: trovate i punti d’accordo per stare insieme, non dividetevi.

Realizzare iniziative tra realtà diverse per obiettivi comuni è infatti, per il mondo cattolico, una novità degli ultimi anni.

Esatto. Gli obiettivi comuni non fanno perdere la propria identità anzi la rafforzano. Non si ha paura di confrontarsi perché su questo tema la solidarietà è diffusiva, non in chiusura.

 

 

 

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