Povertà, in un angolo di Milano la mano tesa dei francescani. E c’è anche il Telepass della solidarietà

L'Opera San Francesco, fondata nel 1959, fornisce servizi a chi è rimasto ai margini della società: indigenti, anziani con la pensione minima, mamme single e padri separati, famiglie numerose. In un anno vengono distribuiti 750mila pasti, oltre a 33mila visite mediche effettuate e 66mila ingressi alle docce. Religiosi, personale e volontari operano senza sosta perché nessuno si senta escluso. Nel centro di via Kramer si possono trovare anche assistenza psicologica e legale. Padre Annoni richiama la "cultura dell'accoglienza"

Ahmed ha 30 anni ed è arrivato in Italia cinque anni fa. Prima di scappare dall’Egitto faceva il commercialista, adesso fa il lavapiatti o l’uomo delle pulizie. “Mi hanno detto che il mio diploma qui non vale e che avrei dovuto ottenere una certificazione europea che avrebbe richiesto due anni di studio”. Così, dopo qualche lavoretto saltuario, Ahmed si è ritrovato a dormire per strada, sotto la tettoia di un ristorante. Può sdraiarsi solo quando il locale chiude, poi aspetta con pazienza che apra la mensa dell’Opera San Francesco per i poveri, che gli consente di mangiare e lavarsi. La storia di Ahmed è simile a quella di tante altre persone che hanno perso qualcosa, ma hanno trovato un aiuto concreto nell’associazione milanese d’ispirazione francescana. Fondata nel 1959 dai frati cappuccini di viale Piave, Opera San Francesco è diventata un punto di riferimento per chi ha bisogno di vitto, vestiti, igiene personale e cure mediche. Si tratta di anziani con la pensione minima, padri separati, nuclei mamme-bambino in difficoltà, famiglie numerose monoreddito, persone sole o intere famiglie in fuga dalla guerra.

Numeri e storie, ma soprattutto persone. Tanto per fornire qualche numero, nell’ultimo anno Osf ha accolto oltre 25mila persone provenienti da 131 nazioni diverse, cui sono stati serviti oltre 750mila pasti, con 33mila visite mediche effettuate e 66mila ingressi alle docce. I dati fanno parte del bilancio sociale 2016, presentato alla stampa nei giorni scorsi a Milano. All’incontro con i giornalisti, hanno preso parte anche donatori, volontari e cittadini, cui la onlus ha voluto raccontare l’anno appena trascorso accanto alle persone più fragili, illustrando alla platea i dati relativi ai propri servizi. Senza però dimenticare le storie di chi ogni giorno passa dal centro. “Perché le persone non hanno bisogno di aiuto solo per soddisfare le necessità primarie come vestirsi, sfamarsi, lavarsi e curarsi”, ha spiegato il presidente di Opera San Francesco, padre Maurizio Annoni.

“I poveri hanno soprattutto bisogno di riconquistare la propria dignità per poter lavorare e vivere in autonomia”.

Ogni giorno alle 13, lungo via Kramer, inizia a crearsi una fila composta, fatta di persone che attendono di accedere alla mensa. Sono stranieri, italiani, madri, padri, figli, persone senza fissa dimora. Malgrado il gran caldo, non vola una mosca: tutti rispettano la coda silenziosamente, in attesa di poter pranzare.

Pasti, docce, biancheria… La mensa è il servizio storico di Osf: con oltre 17mila utenti provenienti in gran parte dall’Italia, dal Marocco e dalla Romania, è in assoluto quello che accoglie più persone. Per ricevere gratuitamente un pasto completo sia a pranzo che a cena, occorre dotarsi di una tessera, poiché gli ingressi ai servizi vengono regolamentati da un sistema informatico. “È una sorta di Telepass comunitario che facilita il lavoro a tutti”, racconta al Sir Valentina, 24enne che ogni giorno arriva qui a Milano da Bergamo per fare la volontaria. “Ogni tanto c’è qualche piccolo diverbio tra i vari ospiti, ma niente che un po’ di buonsenso non possa sedare”. Scendendo di un piano, si trova poi l’area delle docce, dove gli ospiti possono lavarsi una volta la settimana, ricevendo anche cambio pulito di biancheria. Sono quasi 6mila le persone che hanno usufruito delle docce nell’ultimo anno, e – come spiega Ernesto – “ognuno ha la sua storia: molti vivono per strada, alcuni nei dormitori ma c’è anche chi una propria casa ce l’ha”.

Medicine per chi non ne ha diritto. Nella stanza accanto convivono i volontari del reparto guardaroba, che offre un cambio d’abito completo ogni 20 giorni, dall’intimo ai giubbotti, dalle scarpe alle coperte. “Il nostro auspicio – spiega Paolo, che ha 67 anni e da dieci presta servizio qui – è che queste persone possano decidere come vestirsi. Per loro è importante, perché a causa del loro stato, il più delle volte possono indossare solo ciò che capita”. Per raccogliere, selezionare e smistare tutto ciò che arriva all’Opera San Francesco dai donatori, è stato creato un apposito centro raccolta, dove i dipendenti si occupano di ricevere e inviare ai vari servizi tutti gli oggetti ricevuti.

Qui arriva di tutto: dai vestiti ai giocattoli, passando per alimenti ed elettrodomestici.

Tutto viene catalogato, mentre i medicinali vengono portati al Poliambulatorio, un centro che si trova a pochi chilometri da qui e a cui si rivolge chi non può accedere al servizio sanitario nazionale.

Progetti individuali di sostegno. Ma nel centro di via Kramer, chiunque può trovare oltre all’accoglienza, anche assistenza psicologica e legale. Nel quotidiano dell’Opera San Francesco, infatti, non ci sono soltanto cibo, vestiti o docce. L’associazione ha creato progetti individuali di sostegno per le fasce più deboli, che mirano a fornire una possibilità di cambiamento, una nuova autonomia. “Purtroppo, la vita di queste persone è spesso circondata dall’indifferenza, se non addirittura dall’ostilità”, prosegue padre Annoni. “Se non sviluppiamo una cultura dell’accoglienza, non andremo molto lontano”.

 

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