I 40 anni di Francesco Totti, il genio che scherza col tempo

Totti avvicina la distanza del genio, lo rende familiare. Il campione romano e romanista. Appendere gli scarpini al chiodo fa paura, smettere è un po’ come morire. Sarà amaro il giorno e triste l’ora in cui la maglia numero 10 tornerà a essere una casacca vuota. È vero, Totti deve prepararsi all’addio. Ma più di lui deve farlo la sua gente, quella per cui: “Un capitano, c’è solo un capitano”

Doveva essere l’ultima stagione, ma forse si va avanti. Francesco Totti compie quarant’anni e il campo di calcio dimentica di chiedergli l’età. Continua a segnare ogni volta che viene schierato e ad essere l’uomo decisivo per la squadra.

Non è questione di anagrafe, ma di talento.

E i piedi buoni Totti se li porta dietro da quando ha cominciato a muovere i primi passi a Porta Metronia.

Campione del mondo nel 2006, è l’unico tra i grandi calciatori della leva del ‘76 – Ronaldo, Shevchenko, Nesta, Kluivert, van Nistelrooij – ad essere ancora in campo. A leggere le statistiche, ci si imbarazza: calciatore in attività con il maggior numero di presenze (605) e di gol segnati (250) in Serie A. È il giocatore ad aver realizzato più gol con lo stesso club (250), più doppiette (46) e più calci di rigore (71). Con la maglia della Roma ha il maggior numero di presenze in partite ufficiali (763) e ha disputato più stagioni in prima squadra (25). Agli Europei del 2000, beffa i due metri del portierone olandese van der Sar con un cucchiaio ai rigori. È l’apoteosi del calcio, sfrontatezza e tecnica concentrate in un singolo gesto. Il mito prende forma, ma si alimenta anche la schiera dei detrattori: “è il solito bullo romano”, “mica ha mai giocato nei grandi club stranieri”. Ma è proprio qui, forse, la vera forza di Totti, che meglio di altri incarna il calcio italiano umile ed estraneo agli scandali. Un campione sempre pronto a scherzare, prima di tutto su se stesso: ammirato dai vip, rispettato dai colleghi, temuto dagli avversari. Ma soprattutto amato dal popolo di fede giallorossa, che in lui si riconosce. È la rivincita di una città maltrattata e arruffona, capace però di partorire ancora figli di cui andare orgogliosa.

Totti ha avuto la fortuna, oltre che nei piedi, anche nella famiglia. Quando neanche diciottenne è già osannato dai tifosi, sono il papà impiegato di banca e la mamma casalinga a tenerlo ancorato a terra.

Totti avvicina la distanza del genio, lo rende familiare.

Il campione romano e romanista. Appendere gli scarpini al chiodo fa paura, smettere è un po’ come morire. Sarà amaro il giorno e triste l’ora in cui la maglia numero 10 tornerà a essere una casacca vuota. È vero, Totti deve prepararsi all’addio. Ma più di lui deve farlo la sua gente, quella per cui: “Un capitano, c’è solo un capitano”.

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