This content is available in English

Bulgaria: in piazza contro il carovita. I manifestanti chiedono un drastico cambio di rotta

A Sofia e nelle città di provincia sfilano cortei di protesta. I cittadini puntano il dito verso il carovita, gli elevati prezzi del carburante e la corruzione. Chiedono le dimissioni del governo guidato dal premier Borisov e un cambio radicale del sistema politico. Il commento dell’analista politico Tony Nikolov e del parroco cattolico padre Cortesi

Il centro di Sofia ormai è sotto blocco ogni domenica. Di fronte al Parlamento si riuniscono diversi gruppi di contestatori, ognuno sventola la bandiera bulgara. A scendere in piazza li ha spinti soprattutto l’elevato costo della vita a causa degli aumentati prezzi dei carburanti e del bollo di circolazione ma soprattutto la sensazione che le autorità non facciano niente per migliorare la situazione. Domenica scorsa ci sono state manifestazioni in oltre 30 città bulgare. E la situazione rimane tesa e in continua evoluzione.

Instabilità politica e sociale. “Le proteste sono sintomo dell’instabilità nella società bulgara, un’instabilità sia politica sia sociale che si vede anche nella stessa coalizione al governo composta dal partito di centro-destra Gerb insieme agli ultranazionalisti dell’Unione dei patriottici”, spiega al Sir Tony Nikolov, analista politico e caporedattore della rivista “Cristianesimo e cultura”. “Le tensioni all’interno del movimento dei patriottici mettono a rischio l’intero esecutivo”, rileva. Tra i manifestanti, si distingue il folto gruppo delle mamme di ragazzi disabili che chiedono una riforma nei servizi sociali da mesi. “Invece di risultati concreti però, il vicepremier responsabile Valeri Simeonov, nazionalista, li ha offesi e in seguito le mamme hanno chiesto le sue dimissioni che ha consegnato la settimana scorsa”.

Divario Sofia-resto del Paese. Numerose sono state le proteste all’interno del Paese più che nella capitale: sono state bloccate diverse autostrade principali causando problemi a migliaia di viaggiatori, ma anche i valichi di frontiera con la Grecia e la Turchia. “Impressionava il fatto che a contestare fossero uscite di casa persone non povere, provenienti dalle parti più benestanti della Bulgaria”, afferma padre Paolo Cortesi, parroco cattolico passionista a Belene, città situata sul Danubio, Bulgaria Nord-Ovest. Il sacerdote racconta la realtà difficile della campagna. “I giovani finiscono la scuola e non trovano alcun lavoro, dunque vanno all’estero e come conseguenza la zona si impoverisce, i paesi si spopolano e si vedono solo i resti di case e fabbriche abbandonate”. A conferma, il prete cattolico cita il registro parrocchiale: “Quest’anno ho celebrato 150 funerali mentre i battesimi sono stati solo 20”.

La sfiducia nei confronti dei politici. Si dice d’accordo anche Nikolov che afferma: “Non si tratta di proteste di persone senza speranza o prospettive ma di gente che non crede ai politici”. “È piuttosto una crisi morale, il governo non dimostra rispetto nei confronti dei cittadini”. A distanza di 12 anni dall’adesione all’Ue, però, sembra che i bulgari vogliano sentirsi pienamente europei, non solo sulla carta, ma anche nei fatti. Secondo Nicolov, “una parte sempre più ampia della popolazione ritiene necessarie trasparenza e responsabilità nel modo di governare”.

Elezioni anticipate? Per ora il premier Boyko Borisov non intende dimettersi, “perché l’economia sta andando bene, gli stipendi aumentano e i prezzi dei carburanti stanno diminuendo”. Secondo padre Cortesi, però, “il costo della vita è alto, una spesa media al supermercato gira attorno ai 60 euro, e se il salario medio a Sofia è circa 500 euro, i pensionati di Belene devono cavarsela con pensioni da 100 euro”. Infatti, la Bulgaria rimane nelle classifiche il Paese più povero dei 28 membri Ue. “Per questo – conclude – la gente non ha fiducia nelle istituzioni e chiede una svolta. Ma per cambiare le cose, servono le riforme”.

Verso le elezioni europee. A guadagnare dal malcontento non è neanche l’opposizione  dei socialisti, che non cresce nella fiducia popolare. “Alle elezioni – spiega l’analista politico – i bulgari vogliono non scegliere, ma punire i politici”. E mentre all’orizzonte appaiono già le elezioni europee in programma a maggio, Nikolov rileva che “non c’è un’alternativa al governo di Borisov che reggerà fino alle elezioni europee. Il voto sarà la prova decisiva per il governo” e poi, secondo il risultato, “le eventuali elezioni anticipate potranno tenersi nell’autunno prossimo”. Intanto, “la campagna elettorale-continua; purtroppo sarà concentrata esclusivamente sulla politica nazionale, le questioni europee saranno marginalizzate”.

Altri articoli in Balcani

Balcani

Informativa sulla Privacy