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Balcani nell’Unione: porte aperte, ma la Commissione detta le condizioni

Il prossimo allargamento della "casa comune" non avverrà prima del 2025, eppure le riforme necessarie per ammodernare i Paesi della regione balcanica devono partire sin da ora. Sei gli Stati interessati - Serbia, Montenegro, Albania, Macedonia-Fyrom, Kosovo e Bosnia-Erzegovina - ciascuno con le proprie caratteristiche, problemi, necessità. Ma l'esecutivo guidato da Jean-Claude Juncker, e con la regia di Federica Mogherini, non ha dubbi: "il futuro dei Balcani è nell'Ue". Per questo occorrono però riforme, vera democrazia, pacificazione e stabilità, sviluppo economico e sociale, lotta alla corruzione

(foto SIR/PE)

(da Strasburgo) “Il modo migliore per garantire sicurezza ai Balcani occidentali è ancorarli ad una prospettiva europea”. Federica Mogherini sta diventando il miglior “avvocato” della causa europea della regione. Così, nel presentare le nuove linee da adottare per una possibile – a medio/lungo termine – adesione di questi sei Paesi, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune ribadisce più volte che il posto dei Balcani è nella Ue. Benché, specifica, c’è un tratto di cammino da percorrere, non privo di ostacoli, che comprende riforme, stabilità, pacificazione e risoluzione delle contese, lotta alla corruzione, rafforzamento dello stato di diritto, tutela dei diritti fondamentali, sviluppo economico e sociale. Non poco…

Vantaggi reciproci. “Investire nella stabilità e nella prosperità dei Balcani occidentali significa investire nella sicurezza e nel futuro della nostra Unione”, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, fa eco alla Mogherini commentando la strategia “Una prospettiva di allargamento credibile e un maggior impegno dell’Ue per i Balcani occidentali”, presentata martedì 6 febbraio nella sede del Parlamento Ue a Strasburgo. Juncker insiste: “Sebbene non siano previsti ulteriori allargamenti nel corso di questo mandato, oggi la Commissione disegna il futuro percorso europeo per i Balcani occidentali. Con una forte volontà politica, riforme concrete e costanti e soluzioni definitive alle controversie con i Paesi limitrofi, i Balcani occidentali possono procedere lungo i rispettivi percorsi europei”. Sei i Paesi interessati: Serbia e Montenegro (quelli con cui i negoziati sono avviati, e si parla del 2025 per la futura adesione), Albania, Macedonia (Former Yugoslav Republic of Macedonia, Fyrom), Kosovo e Bosnia-Erzegovina. “Alla fine di questo mese mi recherò – dice Juncker – in ciascuno di questi Paesi con un messaggio chiaro: proseguite nelle riforme e noi continueremo a sostenere il vostro futuro europeo”.

Il vertice di Sofia. La strategia della Commissione viene illustrata lo stesso giorno e nella stessa sede nel quale il primo ministro croato, Andrej Plenković, si rivolge agli eurodeputati, invitato a discutere con loro del “Futuro dell’Europa”. Un bel riconoscimento al capo del governo dell’ultimo Paese entrato a far parte, nel 2013, della “casa comune”. “Il nostro cammino deve andare avanti, non indietro. La Croazia – afferma il premier – è entrata nell’Unione europea per costruire e sviluppare il progetto europeo insieme ai nostri partner, per costruire un futuro basato sull’uguaglianza tra gli Stati, i cittadini e le opportunità”. L’“orgoglio balcanico” è sostenuto anche dall’attuale presidenza di turno del Consiglio dei ministri Ue, assicurato dalla Bulgaria:

il governo di Sofia ha fissato per il prossimo 17 maggio un summit straordinario

che si terrà nella capitale bulgara, specificamente dedicato ai Balcani.

Un occhio alla Turchia. “I Balcani occidentali fanno parte dell’Europa: condividiamo – riprende Mogherini – la stessa storia, la stessa geografia, lo stesso patrimonio culturale e le stesse opportunità e sfide, oggi e in futuro. Abbiamo un interesse comune a collaborare sempre più strettamente per garantire ai nostri cittadini lo sviluppo economico e sociale nonché la sicurezza”. Il “capo della diplomazia” Ue non nega le difficoltà di un approdo comunitario per i Balcani, ma ritiene tale prospettiva un “valore aggiunto” per i sei Stati in questione e per tutta l’Ue. Anche in chiave di rapporti, sempre più problematici, con la Turchia, oltre che sui temi della sicurezza e delle migrazioni. I prossimi mesi, dice, “non saranno solo intensi bensì cruciali per essere certi di cogliere quest’opportunità storica unica”.

Investimento geostrategico. La “strategia” adottata dalla Commissione ribadisce dunque il “futuro europeo della regione” come “investimento geostrategico in un’Europa stabile, forte e unita, fondata su valori comuni”. Vi si indicano le priorità e i settori di cooperazione rafforzata congiunta “per affrontare le specifiche sfide cui sono confrontati i Balcani occidentali, in particolare l’esigenza di riforme fondamentali e di relazioni di buon vicinato”. Una prospettiva di “allargamento credibile” esige, secondo l’esecutivo Ue, “sforzi sostenuti e riforme irreversibili”. La Commissione annuncia sei “iniziative faro”, “azioni specifiche che l’Ue adotterà nei prossimi anni a sostegno degli sforzi di trasformazione sostenuti dai Balcani occidentali in settori di reciproco interesse”, sui quali misurerà il grado di avanzamento delle riforme. Si tratta di iniziative dirette a “rafforzare lo Stato di diritto, a intensificare la cooperazione in materia di sicurezza e migrazione, estendere ai Balcani occidentali l’Unione dell’energia, abbassare i costi di roaming e diffondere la banda larga nella regione”. La strategia sottolinea inoltre “la necessità che l’Ue sia pronta ad accogliere nuovi membri, una volta soddisfatti i criteri”.

“Lavorare per i cittadini”. Il commissario per la politica di vicinato e i negoziati di allargamento, Johannes Hahn, a sua volta dichiara: “Confermiamo che la nostra Unione è aperta ai Balcani occidentali, che costituiscono già un’enclave circondata dall’Ue” – espressione curiosa… – “e che la nostra offerta è sincera. Con questo nuovo approccio, sostenuto da misure concrete, rafforziamo il processo di allargamento che esige sforzi e riforme per poter a sua volta rafforzare, in particolare, lo Stato di diritto. Dobbiamo lavorare per i cittadini”. Le riforme che l’Ue pretende riguardano lo stato di diritto, i diritti fondamentali e la governance, la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata nonché la riforma della pubblica amministrazione. Servono al contempo riforme economiche per avviare questi Paesi a uno sviluppo reale e diffuso, con positive ricadute sull’occupazione, sui redditi e la qualità della vita. La situazione in ciascuno di questi Paesi è differente, ed è innegabile che in alcuni di essi arretratezza e povertà fanno tuttora parte della realtà di ogni giorno. Ci sono poi tanti problemi legati alle relazioni tra gli Stati, a partire dalla pacificazione tra Serbia e Kosovo e dai rapporti, sempre tesi, tra Macedonia-Fyrom e Grecia. Nel frattempo l’Ue non farà mancare fondi per sostenere lo sviluppo economico, le infrastrutture e i servizi. La cooperazione politica passa anche da una concreta mano tesa e da generosi finanziamenti.

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