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Macedonia: il nome che divide Skopje da Atene. Negoziato a New York per aprire la strada verso Bruxelles

La disputa sul nome ufficiale del Paese balcanico si trascina da anni, mentre la Grecia blocca il cammino macedone per l’adesione all’Unione europea. Filipov (esperto): “Arrivato il momento di risolvere il problema”. Ieri greci in piazza a Salonicco. Le parole prudenti di Tsipras

Il "Guerriero a cavallo", statua eretta nel 2011 nella piazza principale di Skopje e dedicata ad Alessandro Magno. Il monumento - che a suo tempo aveva sollevato obiezioni in Grecia - è alto complessivamente 23 metri

“Dopo 27 anni di discussioni per il nome del Paese, anche se con grande ritardo, ora ci sono tutti i presupposti per risolvere questo spinoso problema”: Kosta Filipov, esperto di Macedonia e dei Balcani occidentali, all’indomani delle negoziazioni tra la Macedonia e la Grecia svoltesi a New York, sotto l’egida della Nazioni Unite, traccia un bilancio delle difficili relazioni tra Skopje e Atene.

Serio ostacolo. “La speranza è di portare a termine la questione entro la fine di giugno per permettere a Skopje di diventare membro della Nato durante il summit di luglio”, spiega Filipov al Sir. Subito dopo l’indipendenza della Macedonia dalla ex Jugoslavia nel 1991 erano sorte obiezioni riguardo il nome del Paese da parte della Grecia che ritiene il termine “Macedonia” di propria esclusiva appartenenza a causa dell’omonima regione settentrionale greca, la Macedonia appunto, con capoluogo la città di Salonicco. Finora il problema del nome è stato il principale impedimento al cammino euroatlantico del Paese balcanico. “In queste negoziazioni per la prima volta sul tavolo sono stati messi dei nomi concreti – spiega Filipov citando fonti d’informazione non ufficiali di Skopje –, fra cui Nuova Macedonia, Macedonia settentrionale, Alta Macedonia, Macedonia di Vardar e Macedonia (Skopje), tutti preceduti da Repubblica”.

Retorica nazionalista. L’esperto aggiunge che “comunque ci sarà bisogno di compromessi perché i macedoni non accetteranno un nome nel quale non sia presente del tutto il nominativo Macedonia come vogliono alcuni politici greci e sicuramente sarà un nome composto”. Attualmente la Macedonia è riconosciuta nelle organizzazioni internazionali come Fyrom – Former Yugoslav Republic of Macedonia. Secondo Filipov, “un ruolo decisivo per risolvere il problema ha il nuovo contesto politico nei due Paesi balcanici. Il premier macedone Zoran Zaev ha lasciato alle spalle la retorica nazionalista del suo predecessore Gruevski e sta cercando in tutti i modi di far tornare Skopje sulla scena internazionale migliorando i rapporti con i Paesi vicini, mentre la comunità internazionale – Onu, Nato e Ue – stanno pressando la Grecia affinché ceda sulla questione”.

Monumenti e strade. Questo è stato confermato anche dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in visita a Skopje nei giorni scorsi, che ha dichiarato: “Per aderire alla Nato bisogna risolvere il problema del nome”. “Molto probabilmente – afferma Filipov – nelle trattative con i greci saranno inclusi anche dei cambiamenti nei nominativi di una serie di monumenti mastodontici intitolati ad Alessandro il Macedone e altri personaggi che Atene ritiene proprio esclusivo patrimonio, inclusi nomi di strade della capitale macedone, nonché dell’aeroporto di Skopje, espressione della politica nazionalista del governo precedente che per 10 anni ha cercato di costruire un’identità nazionale forte basata però su una propria interpretazione della storia”.

Riforme necessarie. Il nuovo nome della Macedonia-Fyrom, accettato dalla Grecia, aprirebbe anche la strada per iniziare il processo di adesione con l’Ue che Skopje invano cerca di realizzare da 9 anni. Per arrivare a Bruxelles, però, saranno necessarie molte riforme interne: a partire dal sistema giudiziario ed economico, nonché per quanto riguarda la libertà della stampa. “Ambiti dove per adesso non si nota alcun cenno di riforma”, conclude Filipov.

Greci in piazza a Salonicco. Nel frattempo si registra una forte reazione popolare dalla Grecia, dove ieri a Salonicco 90mila persone hanno manifestato contro ogni uso del nome “Macedonia da parte degli slavi”. Gli organizzatori, tra cui molte formazioni di estrema destra, annunciano che la marcia si ripeterà il 4 febbraio ad Atene. Tra i partecipanti si notavano anche rappresentanti del clero della Chiesa ortodossa greca. Secondo gli esperti, alla manifestazione in difesa del nome Macedonia hanno partecipato più persone di quelle che scendono ancora in piazza per protestare contro le misure di austerità. “Auspico che i greci valutino con sobrietà cosa sia buono per l’interesse nazionale e ciò che non lo è”, ha affermato il premier greco Aleksis Tsipras. “Visto che da 25 anni i nostri vicini sono riconosciuti sotto il nome ‘Repubblica di Macedonia’ da molti Paesi nel mondo, non è assurdo accettare il nominativo Macedonia nell’ambito di un nome composto, senza pretese verso la storia o l’entità territoriale di altri popoli”. “La mancanza di una soluzione nella discussione per il nome sta rovinando” i rapporti con i vicini, ha concluso Tsipras, che dovrà convincere molti greci come anche diversi politici che “in effetti il nome Macedonia non può essere di proprietà esclusiva di qualcuno”.

 

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