Marciare agire, pregare e sperare

Il devastante, drammatico e tragico terremoto che ha colpito nella notte e nel giorno di mercoledì 8 febbraio l'Anatolia, parte della Turchia e della Siria, tra i più tremendi mai registrati, praticamente in tutto il mondo, da quando esistono i sismografi, può aver fatto passare in second'ordine e comprensibilmente - data l'entità della disgrazia - nella stampa, nei media in generale come nei discorsi quotidiani, la guerra che si protrae ormai da un anno nel cuore dell'Europa.

Il devastante, drammatico e tragico terremoto che ha colpito nella notte e nel giorno di mercoledì 8 febbraio l’Anatolia, parte della Turchia e della Siria, tra i più tremendi mai registrati, praticamente in tutto il mondo, da quando esistono i sismografi, può aver fatto passare in second’ordine e comprensibilmente – data l’entità della disgrazia – nella stampa, nei media in generale come nei discorsi quotidiani, la guerra che si protrae ormai da un anno nel cuore dell’Europa. Se non fosse stato, almeno in Italia, per la contemporanea querelle intorno alla partecipazione o meno, in video o con lettera, del presidente della nazione aggredita, Volodymyr Zelenskyj, al Festival di Sanremo. Ma non si possono certo dimenticare, pur di fronte ai danni immensi creati dalle forze scatenate della natura, tutte le tragedie che continuano a perpetrarsi in Europa e in gran parte del mondo a causa della violenza dell’uomo, dei conflitti, delle battaglie, delle guerriglie e delle guerre che insanguinano e “torturano”, nel vero senso della parola, donne e bambini, uomini e nazioni, anziani e malati, bianchi o neri o di qualsiasi altro colore della pelle, senza distinzione di sorta. Tra chi non dimentica mai c’è certamente papa Francesco che continua a tuonare e a implorare per la cessazione di ogni ostilità, per la rinuncia agli armamenti, per la pietà verso i popoli e verso ogni persona. Testimonianza, faticosa e coraggiosa, eloquente più che mai, il suo recente viaggio apostolico in Africa, nella Repubblica democratica del Congo e nel Sud Sudan, dove ha potuto constatare i danni di ogni genere, oltre l’immaginabile – e ancora una volta invocare la loro interruzione -, che provocano i conflitti fra tribù, fra governi, fra popoli, fra continenti. Nello stesso suo ultimo giorno di viaggio, a Chioggia si svolgeva la tradizionale “Marcia della Pace”, organizzata da decenni dall’Azione Cattolica Ragazzi e, da alcuni anni e in questo in modo particolare, insieme ad altri gruppi e associazioni. Grande partecipazione – e non poteva essere altrimenti in questa circostanza – a riprova di quanto sia comunque avvertita l’esigenza e l’urgenza della pace, in Europa come nel mondo. Altre manifestazioni sono state realizzate e si susseguono con differenti ispirazioni per questa causa. Ma si può dire che quella di domenica 5 febbraio a Chioggia, pur in una città di provincia, ha costituito un vero segnale di comunanza nella difesa di questo bene incommensurabile. All’insegna del grave monito del papa “Nessuno può salvarsi da solo” e del motto eloquente (e bivalente, nel senso di un imperativo e di un participio passato) dell’ACR “Allenati alla pace”, molte centinaia di persone hanno percorso le strade della città per gridare il bisogno e la richiesta di pace. Insieme ai tanti ragazzi e famiglie, con il vescovo Giampaolo ha voluto essere presente anche il sindaco di Chioggia (non sarebbe fuori luogo, per le prossime edizioni, invitare anche tutti gli altri sindaci del territorio, a sottolineare che si tratta di una causa portata avanti dalla comunità religiosa come da tutta la comunità civile…). Tappe e testimonianze simboliche e incisive, improntate al movimento, alla danza e allo sport (ispirandosi allo slogan, fino a tagliare un traguardo…) hanno segnato il percorso da un oratorio a una chiesa. Presente un’atleta paraolimpica che ha invitato all’impegno personale e di gruppo, presente anche l’eremita don Ernesto Piraino che in quei giorni aveva incontrato i giovani e la comunità di Cavarzere. Il punto è sempre la domanda su cosa possiamo fare noi: impegnarsi a superare i piccoli conflitti quotidiani, pregare e anche manifestare certo. Purtroppo il mondo è nelle mani di potenti che, costantemente o a turno, difficilmente ascoltano queste voci imploranti, magari accampando, a giustificazione, diritti e ragioni del proprio popolo, come purtroppo continua ad avvenire in Ucraina.

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